Dal mio libro ''L'orto dei frutti dimenticati'' metto qui la eccellente potente e ironica prefazione regalatami dall'amico Fabrizio Salce che proprio ieri e' stato nominato dal sito VinoWay.com Miglior Giornalista Enogastronomico Italiano del 2020.
"Un tempo era il caos. Le piante vivevano tutte insieme. Noci, fichi, carciofi, bacche, fave, lupini, more e tutte le altre. Si
nutrivano, si difendevano, si dissetavano a vicenda, una cosa vergognosa! Ma per fortuna è intervenuto prontamente l’uomo che dall’alto della sua indiscussa intelligenza ha sistemato la situazione. Le pere con le pere, le mele con le mele e i carciofi con i carciofi. Tutto meravigliosamente posizionato e rigorosamente ordinato. Basta con questa confusione, voluta poi da chi? Passato del tempo e, dopo approfonditi studi, perché soltanto studiando si ottengono certi risultati, l’uomo ha
selezionato i frutti migliori per la propria sopravvivenza: naturalmente si intente quella dell’uomo. Infine, poco dopo, è stato talmente bravo, che è risuscito a creare nuove specie per trarne reddito economico e non soltanto limitato al sostentamento giornaliero. I frutti potevano rendere. Grande quest’uomo! Con la sua intelligenza e caparbietà ha saputo scegliere quali frutti coltivare e quali no; ha creato appropriate richieste di mercato tali da dover miscelare alcune razze al fine di offrire al consumatore prodotti sempre più idonei: belli e colorati. Per fare tutto questo ha inoltre avuto la capacità, e non è stato poi così semplice, di eliminare tutto l’inutile; quello che non serviva. Varietà poco produttive, frutti dalle forme strane, brutti a vedersi, troppo saporiti e dolci, molto profumati, elementi di disturbo che non avevano alcuna valenza. In fondo e, credo anche giustamente, cosa avrebbe potuto farsene di poche piante, alcune molto vecchie, che per qualche secolo avevano sfamato le popolazioni locali. Se sei intelligente, com’è l’uomo, le butti e basta. E così ha fatto! Già, proprio così. Nel corso di pochi decenni, con quest’uomo, abbiamo perso centinaia di varietà botaniche che non erano solo piante e frutti, fiori e arbusti, verdure e cereali, erano la nostra storia , la nostra cultura, il nostro pane quotidiano, erano la vita. Non si distrugge ciò che ci è stato dato in regalo, non ne avevamo il diritto a farlo. Questa terra non è nostra; è stata e sarà di tutti e noi dovevamo e dobbiamo rispettarla. Ma forse qualcuno lo ha capito. Quando si parla di antichi frutti lo si fa generalmente con quel gusto dolce amaro della nostalgia, nostalgia di un sapore, di un profumo, di un colore che ci riporta al nostro passato. Emozioni che nei frutti che oggi acquistiamo al mercato, tradizionale o moderno che sia, non riusciamo più a vivere. Abbraccio dunque con grande affetto tutte quelle iniziative, e sono tante per fortuna, volte a riportare in vita e alla conoscenza dei più giovani quelle nostre emozioni vissute attraverso un semplice morso a un frutto. Gli studi delle facoltà universitarie, l’apertura di orti e giardini ricchi di vecchie varietà, gli scritti e le iniziative di comunicazione. Ultimamente per fortuna in molti si sono resi conto che quella grande intelligenza passata dell’uomo ha smarrito qualcosa, si è tornati a ricercare i semi di un tempo andato ma ancora a noi vicino, si stanno ripercorrendo vecchi sentieri di campagna e di montagna, si torna nei cortili e sulle mulattiere alla ricerca di tutto ciò che ancora c’è e che va salvato e tutelato. Un fiore, una pianta, un seme e tutto questo è positivo. Non voglio più dunque pensare alle albicocche di cinquant’anni fa con nostalgia ma con una nota presente di un leggero calore ottimista e di una sana strigliatura agli organi. In molti abbiamo capito che è arrivato il momento di cambiare e di voltarsi per riscoprire e riportare il caos. Splendido disordine della natura. Il quadro, oggi, è mutato, così come è successo in altri campi culturali, perché salvare piante e frutti è indubbiamente un fatto di cultura. Il lavoro, grazie a qualcuno, da qualche anno è iniziato, sta a noi adesso andare avanti, aiutare chi ha dato il via alle operazioni, comunicare, cercare, salvare, difendere, perché il nostro passato aiuti questo presente ad diventare un futuro più giusto. Un giardino, un orto, una foresta alimentare con tante varietà naturali sono come un accordo di settima alla chitarra, armonioso, dolce e misterioso. Sono l’amore di chi ci ha donato ciò che abbiamo rischiato di perdere. Riscoprire è in fondo rivivere. Salvatore M. Ruggiero e questo suo libro, come aveva fatto prima di lui Tonino Guerra con il suo Orto dei Frutti Dimenticati, va esattamente in questa tanto auspicata direzione.''
Fabrizio Salce è giornalista enogastronomico, iscritto all'ordine italiano e svizzero, conduttore della trasmissione televisiva ''Agrisapori - il mondo che lavora in campo agricolo ed enogastronomico'' - distribuita su un Network di 150 televisioni locali. Ha anche collaborato con diverse strutture televisive italiane e straniere, tra cui Stream News, Stream Verde, Rai World, Rai Export, Gambero Rosso e Mediaset. Scrive per diverse riviste di settore e cura uffici stampa, segue servizi TV per ''Eat Parade'' e conduce una rubrica su Radio LatteMiele inerente alle manifestazioni enogastronomiche che si volgono nel nostro Paese.
Nessun commento:
Posta un commento