Una volta, al mio paese, è venuto Nino Manfredi. Era, se non
ricordo male, la metà degli anni '70. Nino Manfredi aveva da
poco fatto costruire la sua villetta a Scauri, affacciata sulla
celeberrima Spiaggia dei Sassolini. Un posto che io
conoscevo bene, perché mio padre ogni estate ci portava al
mare a Scauri, prendeva un ombrellone per quindici giorni al
Lido Delizia e qualche volta, deviando dal consueto tragitto sull'Appia, ci portava a vedere questa spiaggetta deliziosa,
fatta tutta di sassolini e resti di conchiglie, ben nascosta dietro
a Monte d'Oro. Negli anni '60, Nino Manfredi, in cerca di un
buen retiro in riva al mare, l'aveva trovata e se n'era
innamorato subito. La Spiaggia, poi, fu immortalata nel film
"Per grazia ricevuta" (vincitore del premio per l'opera prima
a Cannes, nel 1971) dello stesso Manfredi, e nello
sceneggiato "Il conte di Montecristo" con Gerard Depardieu e
Ornella Muti. Altre scene dello stesso film vennero girate in
una bellissima villa di Via del Golfo, nella zona di Scauri
vecchia. Nino Manfredi aveva deciso che proprio sulla
Spiaggia dei Sassolini, il posto più esclusivo di Scauri,
sarebbe sorta la sua villa. Oggi quel posto ricade nel territorio
del Parco Nazionale della Riviera d'Ulisse e non sarebbe
possibile ottenere nemmeno l'autorizzazione per
l'installazione di una cuccia per cani. Ma quella era l'epoca
della cementificazione selvaggia a Minturno e un sindaco
democristiano più che compiacente, anzi, lusingato all'idea di
ospitare il famoso attore nel territorio del suo comune,
facendo uno strappo alle norme edilizie del PRG (in realtà
non so se Scauri ne abbia mai avuto uno), gli aveva fatto
avere facilmente e rapidamente la tanto agognata concessione
edilizia (che, peraltro, non si negava a nessuno ne facesse
richiesta, figuriamoci a Manfredi). L'artista lo aveva ripagato
facendosi vedere ogni tanto a braccetto con lui, sul lungomare
della cittadina tirrenica a fargli un po' di pubblicità con la sua
popolarità e a ricambiare il simpatico gesto accettando anche
di ricevere la cittadinanza onoraria d'ordinanza. Ad essere
onesti fino in fondo bisogna dire che quella casa, oltre a
regalare i famosi tramonti mozzafiato sul mare davanti a
Monte d'Oro cari, qualche migliaio di anni fa, anche al
princeps senatus Marco Emilio Scauro, che diede il suo nome
alla cittadina, regalò più di qualche grattacapo al suo legittimo
proprietario. Successe quando, qualche decennio fa, egli
confessò candidamente ad un giornale locale di essere stato costretto a rivolgersi a un piccolo boss locale della camorra
per far cessare la rumorosa attività notturna di un giovane
pescatore di frodo, che quasi ogni notte andava a far
esplodere le sue bombe nelle acque di fronte alla villa,
disturbando ovviamente i sonni dell'attore.
Insorse immediatamente, tuonando strali contro di lui il
titolare della parrocchia di S. Albina di Scauri, il mio
compaesano Don Simone di Vito, additando come pessimo
esempio il comportamento equivoco e quanto meno
improvvido dell'inconsapevole Nino Manfredi. Sempre a
Scauri, ma dall'altro lato della riviera, a sud, verso Napoli, nei
pressi di Monte d'Argento, aveva la sua casetta di legno da
pesca, meno pretenziosa e con affaccio sulle acque salmastre
della foce del Garigliano, Zì Petrucciu 'e scafaritthu, un mio
compaesano, ricco imprenditore del marmo. L'aveva fatta
costruire per ospitarci gli attrezzi per la pesca ma, soprattutto,
per piazzarci una bilancia nuova fiammante: con la quale
pescava per il suo esclusivo fabbisogno personale, d'estate,
quasi ogni giorno, al ritorno dalla consueta supervisione nelle
sue cave. Pietro Parente era un gourmet: amava il pesce
appena pescato, la falanghina fresca, la convivialità e tutta la
buona tavola. Non so come avesse conosciuto Nino Manfredi,
ma non doveva essere stato così difficile. Secondo me era
successo, presumibilmente, durante una delle loro scorribande
nei numerosi ristoranti locali, alla spasmodica ricerca del
pesce fresco del Tirreno, di cui, entrambi erano ghiotti. E così
un bel giorno aveva addirittura invitato il famoso attore al suo
casotto sul fiume. E qualche tempo dopo aveva pensato bene
di invitarlo in visita privata al suo paese, per fargli vedere la
sua principesca dimora nuova, strategicamente piazzata
proprio al centro del paese e - perché no! - per alimentare un
po la sua popolarità presso i compaesani e il suo personale
ego, entrambe cose che non fanno mai male a nessuno. Nino
Manfredi era un tipo ruspante, che di fronte a un bagno di
folla e a un pranzo luculliano non si tirava mai indietro, e venne di buon grado a Coreno Ausonio: l'ultimo paese (in
senso geografico e non solo) della "sua" Ciociaria. E si!
Perché, forse non tutti lo sanno, ma anche Nino Manfredi,
uno dei più grandi e noti attori italiani di sempre è ciociaro,
essendo nato a una cinquantina di chilometri più a nord di
Coreno Ausonio, esattamente a Castro dei Volsci. Tra le
montagne di Ceprano e Amaseno. Per la verità - mi sia
consentito di aprire una succosa parentesi - la provincia di
Frosinone e la Ciociaria hanno dato i natali ad altri due mostri
sacri del cinema italiano: a Sora è nato il grande regista ed
attore Vittorio De Sica e a Fontana Liri l'altro grandissimo
attore Marcello Mastroianni. E non è finita qui, perché a
Frosinone, nel capoluogo, è nato un altro grande del cinema
italiano: Carlo Ludovico Bragaglia, precursore, negli anni
venti, del grande cinema muto italiano; mentre da due
cittadini di Cervaro nacque, in America, Anthony Minghella,
morto prematuramente e autore del grande The english
patient, vincitore di ben nove premi Oscar. Insomma, la
Ciociaria (o Alta Terra di Lavoro) ha dato un bel contributo
pesante al nostro grande cinema nazionale. Chiudo la
parentesi. E fu così che Nino Manfredi, rispondendo ad un
gentile invito del caro amico Pietro Parente, in un tiepido
pomeriggio di primavera, venne a Coreno, partendo da Scauri
o da Castro dei Volsci - non so - e, percorrendo un bel tratto
della Cassino-Mare, la nuova SS 630, appena finita ed
inaugurata. Naturalmente tra gli abitanti del paese si era da
giorni sparsa la voce dell'arrivo del regista e indimenticabile
interprete del film Per grazia ricevuta, fresco reduce dal
Festival di Cannes, girato al paese del collega ed amico
Marcello Mastroianni, che tanto somiglia a Coreno Ausonio e
agli altri 91 centri della provincia ciociara. Inutile dire che
quella che doveva essere una visita strettamente privata, per
l'arrivo in paese di uno dei personaggi più noti e polari di tutta
la nazione, si era ben presto e quasi spontaneamente
trasformata in una visita pubblica se non ufficiale. Quando l'attore col suo autista arrivarono a Coreno, facendosi faticosamente largo tra
due ali di folla che stazionavano da ore lungo tutto il Viale
della Libertà, dal camposanto fino a Piazza Umberto,
parcheggiarono la Fiat 1100 all'interno del distributore
dell'Agip, grigio e rosso, nuovo di zecca. Sceso dall'auto, il
grande Manfredi, fu accolto dal caloroso fraterno abbraccio di
Pietro Parente e dalle urla inneggianti dei suoi euforici
concittadini. Inutile dire che quella che doveva essere una
breve e veloce passeggiata di qualche decina di metri, fino
alla casa dell'imprenditore, finì per durare qualche ora. Chi si
offriva di ospitare Manfredi in casa sua, anche solo per un
centesimo di secondo; chi gli offriva da gustare un caffè caldo
caldo appena uscito o un bicchiere di vino locale appena
imbottigliato; chi gli chiedeva l'autografo e chi invece
pretendeva in omaggio una foto di scena con qualche attrice
famosa e formosa, magari pure autografata. Prima di poter
arrivare a casa del suo anfitrione ed imboccare il maestoso
portale di marmo, Nino Manfredi fu costretto a stringere
qualche migliaio di mani, praticamente quelle di tutti i
cittadini corenesi; baciare sulle guance qualche decina di
bambini piccoli appena nati, offerti dalle loro giovani madri;
invitato, anzi strattonato, a posare per centinaia di foto
ricordo, compresa quella, in cui sta col parroco Don Peppino
La Valle, che illustra la mia storia; a raccontare qualche
gustoso, ma anche pruriginoso, aneddoto sullo sfavillante
mondo della celluloide, in lungo e in largo frequentato. Da
quei lontani anni '70, se si esclude l'ospitata di qualche
cantante o gruppo rock più o meno di moda o di un
personaggio politico di levatura nazionale, democristiano o
comunista, nessun altra persona famosa, nessun'altra stella del
cinema è più venuta a turbare la sonnacchiosa quiete montana
del mio paese. A meno che l'evento non mi sia sfuggito. Ma
penso di poterlo escludere. Degli interpreti principali di
quello spettacolare pomeriggio, Pietro Parente è morto,
qualche decina di anni fa, dopo aver impersonato, per gentile
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concessione del suo amico attore e per il suo perfetto phisique
du rhole la parte del capostazione, con tanto di cappello,
mustacchi e fischietto, nel film Cafè Express diretto da Nanni
Loy. Nino Manfredi ha continuato, anche saltuariamente, a
frequentare la sua villa con affaccio sulla Spiaggia dei
Sassolini e le scene dorate del cinema, fino alla sua morte,
avvenuta qualche anno fa, nel 2004, a Roma. Don Peppino La
Valle è morto anche lui. Gli sopravvivono, oltre alle
fotografie, qualche libro di storia stampato postumo e un
sacco di aneddoti, anche non proprio edificanti, diciamo pure
compromettenti. E, purtroppo, sono morte anche una buona
parte delle comparse strepitanti che quel giorno parteciparono
alla storica kermesse. A me è piaciuto solo ricordare, a
qualche sparuto lettore, un evento curioso ed irripetibile della
nostra storia recente, altrimenti assai povera.
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