sabato 4 giugno 2016

Nino Manfredi, una eccellenza ciociara.

Metto qui un brano dal mio libro "Storie dal paese dei ciclamini", in cui ricordo la visita privata (che diventò pubblica) fatta negli anni '70 da Nino Manfredi al mio paese. L'occasione è la data della sua morte: 4 giugno 2004 a Roma.


Una volta, al mio paese, è venuto Nino Manfredi. Era, se non ricordo male, la metà degli anni '70. Nino Manfredi aveva da poco fatto costruire la sua villetta a Scauri, affacciata sulla celeberrima Spiaggia dei Sassolini. Un posto che io conoscevo bene, perché mio padre ogni estate ci portava al mare a Scauri, prendeva un ombrellone per quindici giorni al Lido Delizia e qualche volta, deviando dal consueto tragitto sull'Appia, ci portava a vedere questa spiaggetta deliziosa, fatta tutta di sassolini e resti di conchiglie, ben nascosta dietro a Monte d'Oro. Negli anni '60, Nino Manfredi, in cerca di un buen retiro in riva al mare, l'aveva trovata e se n'era innamorato subito. La Spiaggia, poi, fu immortalata nel film "Per grazia ricevuta" (vincitore del premio per l'opera prima a Cannes, nel 1971) dello stesso Manfredi, e nello sceneggiato "Il conte di Montecristo" con Gerard Depardieu e Ornella Muti. Altre scene dello stesso film vennero girate in una bellissima villa di Via del Golfo, nella zona di Scauri vecchia. Nino Manfredi aveva deciso che proprio sulla Spiaggia dei Sassolini, il posto più esclusivo di Scauri, sarebbe sorta la sua villa. Oggi quel posto ricade nel territorio del Parco Nazionale della Riviera d'Ulisse e non sarebbe possibile ottenere nemmeno l'autorizzazione per l'installazione di una cuccia per cani. Ma quella era l'epoca della cementificazione selvaggia a Minturno e un sindaco democristiano più che compiacente, anzi, lusingato all'idea di ospitare il famoso attore nel territorio del suo comune, facendo uno strappo alle norme edilizie del PRG (in realtà non so se Scauri ne abbia mai avuto uno), gli aveva fatto avere facilmente e rapidamente la tanto agognata concessione edilizia (che, peraltro, non si negava a nessuno ne facesse richiesta, figuriamoci a Manfredi). L'artista lo aveva ripagato facendosi vedere ogni tanto a braccetto con lui, sul lungomare della cittadina tirrenica a fargli un po' di pubblicità con la sua popolarità e a ricambiare il simpatico gesto accettando anche di ricevere la cittadinanza onoraria d'ordinanza. Ad essere onesti fino in fondo bisogna dire che quella casa, oltre a regalare i famosi tramonti mozzafiato sul mare davanti a Monte d'Oro cari, qualche migliaio di anni fa, anche al princeps senatus Marco Emilio Scauro, che diede il suo nome alla cittadina, regalò più di qualche grattacapo al suo legittimo proprietario. Successe quando, qualche decennio fa, egli confessò candidamente ad un giornale locale di essere stato costretto a rivolgersi a un piccolo boss locale della camorra per far cessare la rumorosa attività notturna di un giovane pescatore di frodo, che quasi ogni notte andava a far esplodere le sue bombe nelle acque di fronte alla villa, disturbando ovviamente i sonni dell'attore. Insorse immediatamente, tuonando strali contro di lui il titolare della parrocchia di S. Albina di Scauri, il mio compaesano Don Simone di Vito, additando come pessimo esempio il comportamento equivoco e quanto meno improvvido dell'inconsapevole Nino Manfredi. Sempre a Scauri, ma dall'altro lato della riviera, a sud, verso Napoli, nei pressi di Monte d'Argento, aveva la sua casetta di legno da pesca, meno pretenziosa e con affaccio sulle acque salmastre della foce del Garigliano, Zì Petrucciu 'e scafaritthu, un mio compaesano, ricco imprenditore del marmo. L'aveva fatta costruire per ospitarci gli attrezzi per la pesca ma, soprattutto, per piazzarci una bilancia nuova fiammante: con la quale pescava per il suo esclusivo fabbisogno personale, d'estate, quasi ogni giorno, al ritorno dalla consueta supervisione nelle sue cave. Pietro Parente era un gourmet: amava il pesce appena pescato, la falanghina fresca, la convivialità e tutta la buona tavola. Non so come avesse conosciuto Nino Manfredi, ma non doveva essere stato così difficile. Secondo me era successo, presumibilmente, durante una delle loro scorribande nei numerosi ristoranti locali, alla spasmodica ricerca del pesce fresco del Tirreno, di cui, entrambi erano ghiotti. E così un bel giorno aveva addirittura invitato il famoso attore al suo casotto sul fiume. E qualche tempo dopo aveva pensato bene di invitarlo in visita privata al suo paese, per fargli vedere la sua principesca dimora nuova, strategicamente piazzata proprio al centro del paese e - perché no! - per alimentare un po la sua popolarità presso i compaesani e il suo personale ego, entrambe cose che non fanno mai male a nessuno. Nino Manfredi era un tipo ruspante, che di fronte a un bagno di folla e a un pranzo luculliano non si tirava mai indietro, e venne di buon grado a Coreno Ausonio: l'ultimo paese (in senso geografico e non solo) della "sua" Ciociaria. E si! Perché, forse non tutti lo sanno, ma anche Nino Manfredi, uno dei più grandi e noti attori italiani di sempre è ciociaro, essendo nato a una cinquantina di chilometri più a nord di Coreno Ausonio, esattamente a Castro dei Volsci. Tra le montagne di Ceprano e Amaseno. Per la verità - mi sia consentito di aprire una succosa parentesi - la provincia di Frosinone e la Ciociaria hanno dato i natali ad altri due mostri sacri del cinema italiano: a Sora è nato il grande regista ed attore Vittorio De Sica e a Fontana Liri l'altro grandissimo attore Marcello Mastroianni. E non è finita qui, perché a Frosinone, nel capoluogo, è nato un altro grande del cinema italiano: Carlo Ludovico Bragaglia, precursore, negli anni venti, del grande cinema muto italiano; mentre da due cittadini di Cervaro nacque, in America, Anthony Minghella, morto prematuramente e autore del grande The english patient, vincitore di ben nove premi Oscar. Insomma, la Ciociaria (o Alta Terra di Lavoro) ha dato un bel contributo pesante al nostro grande cinema nazionale. Chiudo la parentesi. E fu così che Nino Manfredi, rispondendo ad un gentile invito del caro amico Pietro Parente, in un tiepido pomeriggio di primavera, venne a Coreno, partendo da Scauri o da Castro dei Volsci - non so - e, percorrendo un bel tratto della Cassino-Mare, la nuova SS 630, appena finita ed inaugurata. Naturalmente tra gli abitanti del paese si era da giorni sparsa la voce dell'arrivo del regista e indimenticabile interprete del film Per grazia ricevuta, fresco reduce dal Festival di Cannes, girato al paese del collega ed amico Marcello Mastroianni, che tanto somiglia a Coreno Ausonio e agli altri 91 centri della provincia ciociara. Inutile dire che quella che doveva essere una visita strettamente privata, per l'arrivo in paese di uno dei personaggi più noti e polari di tutta la nazione, si era ben presto e quasi spontaneamente trasformata in una visita pubblica se non ufficiale. Quando l'attore col suo autista arrivarono a Coreno, facendosi faticosamente largo tra due ali di folla che stazionavano da ore lungo tutto il Viale della Libertà, dal camposanto fino a Piazza Umberto, parcheggiarono la Fiat 1100 all'interno del distributore dell'Agip, grigio e rosso, nuovo di zecca. Sceso dall'auto, il grande Manfredi, fu accolto dal caloroso fraterno abbraccio di Pietro Parente e dalle urla inneggianti dei suoi euforici concittadini. Inutile dire che quella che doveva essere una breve e veloce passeggiata di qualche decina di metri, fino alla casa dell'imprenditore, finì per durare qualche ora. Chi si offriva di ospitare Manfredi in casa sua, anche solo per un centesimo di secondo; chi gli offriva da gustare un caffè caldo caldo appena uscito o un bicchiere di vino locale appena imbottigliato; chi gli chiedeva l'autografo e chi invece pretendeva in omaggio una foto di scena con qualche attrice famosa e formosa, magari pure autografata. Prima di poter arrivare a casa del suo anfitrione ed imboccare il maestoso portale di marmo, Nino Manfredi fu costretto a stringere qualche migliaio di mani, praticamente quelle di tutti i cittadini corenesi; baciare sulle guance qualche decina di bambini piccoli appena nati, offerti dalle loro giovani madri; invitato, anzi strattonato, a posare per centinaia di foto ricordo, compresa quella, in cui sta col parroco Don Peppino La Valle, che illustra la mia storia; a raccontare qualche gustoso, ma anche pruriginoso, aneddoto sullo sfavillante mondo della celluloide, in lungo e in largo frequentato. Da quei lontani anni '70, se si esclude l'ospitata di qualche cantante o gruppo rock più o meno di moda o di un personaggio politico di levatura nazionale, democristiano o comunista, nessun altra persona famosa, nessun'altra stella del cinema è più venuta a turbare la sonnacchiosa quiete montana del mio paese. A meno che l'evento non mi sia sfuggito. Ma penso di poterlo escludere. Degli interpreti principali di quello spettacolare pomeriggio, Pietro Parente è morto, qualche decina di anni fa, dopo aver impersonato, per gentile 43 concessione del suo amico attore e per il suo perfetto phisique du rhole la parte del capostazione, con tanto di cappello, mustacchi e fischietto, nel film Cafè Express diretto da Nanni Loy. Nino Manfredi ha continuato, anche saltuariamente, a frequentare la sua villa con affaccio sulla Spiaggia dei Sassolini e le scene dorate del cinema, fino alla sua morte, avvenuta qualche anno fa, nel 2004, a Roma. Don Peppino La Valle è morto anche lui. Gli sopravvivono, oltre alle fotografie, qualche libro di storia stampato postumo e un sacco di aneddoti, anche non proprio edificanti, diciamo pure compromettenti. E, purtroppo, sono morte anche una buona parte delle comparse strepitanti che quel giorno parteciparono alla storica kermesse. A me è piaciuto solo ricordare, a qualche sparuto lettore, un evento curioso ed irripetibile della nostra storia recente, altrimenti assai povera. 


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