Esistono
delle persone che non vogliono far estinguere i ricordi dei tempi passati; non vogliono far dimenticare certi ricordi
salienti della loro comunità. Quelle persone sono i ''tessitori''.
Io mi ritengo un ''tessitore'', nella accezione più positiva e utile
del termine. Mi ostino a voler raccontare il mio paese, i suoi
abitanti, le persone che conoscevo, quelle che avevano
qualcosa da riferire; qualcosa che valesse la pena di
tramandare. Nella lunga storia dell'umanità il racconto delle
piccole storie di alcune persone reca in se una forma di commento, perché molte storie di persone si commentano da
sole; si commentano da sole, ma solo raccontandole. Si fonda su
questa pietra d'angolo, costituita dai ricordi, il lavoro dei
tessitori, di coloro, cioè, che intrecciano le trame perdute;
ricostruiscono la memoria comune e riavvolgono i fili del
nostro passato. La perdita dei ricordi, del passato, della
memoria, delle tradizioni è malattia della nostra epoca e
allora serve a questo il faticoso lavoro di chi cerca di
recuperare quello che si è perso: sfidare l’oblio rinverdendo i
ricordi. Ma quelle persone sono anche ...tessitori di sogni,
perché con passione e coraggio proiettano il meglio del
passato su un mondo futuro migliore. La damnatio memoriae
era l'uso di scalpellare l'incisione (epigrafe) nel punto in cui
compariva il nome del condannato (nel caso di un suo
comportamento scorretto), lasciando inalterato il resto del
testo. Le mie storie sono l'esatto contrario, funzionano alla
rovescia: condannano i protagonisti ad essere ricordati
attraverso la narrazione delle loro gesta. La epigrafe è un
testo solenne, normalmente breve, inciso su una lastra di
materiale non deperibile, di norma: marmo, pietra o (meno
frequentemente) metallo. Le mie storie non sono testi solenni
ma sono normalmente brevi, come epigrafi, e in esse tento di
mettere nella giusta luce brandelli di vite delle persone che
ho conosciuto. Anche questa raccolta di racconti, infatti, è
stata resa possibile dalle persone e dalle loro vite (normali, in
molti casi; straordinarie, in alcuni); dalle loro esperienze di
vita (normali, in molti casi; strane, in alcuni), dagli aneddoti
a loro legati, dai racconti: raccolti personalmente da me o
riportati da altri testimoni. Dalla quantità di queste
informazioni è possibile ricostruire un modo di vivere, anzi, un modo di intendere la vita che, probabilmente, non esiste
più; che è scomparso e che non è più possibile riesumare, se
non attraverso la narrazione, le parole scritte, in una parola, i
racconti. Non possiamo sapere chi siamo se non sappiamo
cosa eravamo, cosa siamo stati. Noi eravamo polvere e
polvere torneremo ad essere. L'unica cosa che potrà
sopravviverci è la memoria, il ricordo di noi. Alla memoria
collettiva che si nutre dei nostri ricordi è dedicata questa
raccolta. L'anima è la memoria che lasciamo. Un'altra
piccola peculiarità dei racconti di vita è che essi
costituiscono esempi di moralità; anzi, essi sono dei veri e
propri racconti morali, intesi nel senso francese del termine
moraliste, come in Francia, appunto, viene considerato colui
che ha qualcosa da dire, qualcosa da raccontare, quindi,
qualcosa da insegnare.
Da vivo e anche da morto!
(dal mio libro ''Cronache dal piccolo borgo della pietra millenaria'')
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