Ingmar Bergman, Gesù Cristo e la Passione
Ingmar Bergman era talmente incuriosito e appassionato dalla figura di Gesù Cristo che aveva da tempo deciso di girare un film su di lui a Faro, la sua isola, ma era rammaricato dal fatto che diverse circostanze glielo avevano sempre impedito e racconta il suo disappunto nella sua autobiografia. La buona occasione, ad ogni modo, sembrava, finalmente, essersi materializzata quando giunse a casa sua una folta delegazione di dirigenti della RAITV che gli si era rivolta per attribuirgli formalmente l'incarico di preparare la sceneggiatura per una Vita e Passione di Gesù Cristo. Pagarono anche anticipatamente il suo lavoro: la bella somma, per l'epoca, di 30.000 dollari.
Bergman si mise subito all'opera e forte della educazione religiosa forzosamente ricevuta dal padre, pastore protestante, e di una solida conoscenza biblica raggiunta attraverso approfondite ricerche e studi sulla figura storica del Cristo, fu in grado in pochi giorni di spiegare il suo personalissimo e originalissimo progetto.
“Risposi con un piano dettagliato delle ultime quarantotto ore della vita del Salvatore. Ogni episodio era incentrato su uno dei personaggi del dramma... Dissi che volevo girare il film a Faro. Le mura di Visby sarebbero state quelle intorno a Gerusalemme. Il mare che bagna i raukar sarebbe diventato il lago di Genezareth. Sulla collina pietrosa di Langhammars volevo erigere la croce.”
Probabilmente il progetto del Maestro fu giudicato troppo innovativo e originale, per come era stato esposto loro, lontano da quello che forse si aspettavano di sentirsi raccontare, oppure troppo avulso dalla scenografia dei luoghi tradizionali della vita del Cristo.
“Gli italiani lessero, rifletterono e arretrarono impalliditi. Pagarono generosamente e affidarono l'incarico a Franco Zeffirelli: ne risultò una vita e morte di Gesù come in un bel libro illustrato, una vera e propria biblia pauperum.”
In un colpo solo la RAI-TV ottenne diversi risultati, non tutti e non proprio lusinghieri, purtroppo. Con la loro visione provinciale delle cose e dell'arte rimediarono una bruttissima figura con uno dei cineasti più grandi di tutti i tempi; ottennero la madre di tutte le Passioni di Cristo, che ancora si rappresentano (ahimè!) in tutta Italia; rinunciarono probabilmente a festeggiare l'ennesimo capolavoro a firma di Ingmar Bergman, che sarebbe stato almeno alla pari, se non addirittura superiore al Vangelo secondo Matteo di Pier Paolo Pasolini, senza alcun dubbio la migliore trasposizione delle ultime ore di Gesù mai realizzata per il cinema.
Insomma, grazie alla lungimiranza dei dirigenti RAI, oggi la cultura mondiale celebra una biblia pauperum in più e un capolavoro in meno.
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