Ingmar
Bergman ha avuto, tra le innumerevoli altre, la indubbia capacità di
contornarsi di attori e attrici straordinari. Senza di loro, cosa
sarebbe stato il cinema e, soprattutto, cosa sarebbe stato il suo
cinema? Ed avrebbe avuto la stessa straordinaria forza espressiva, la
stessa straordinaria efficacia? Cosa sarebbe stato della sua arte se
Bergman non avesse avuto sottomano e non avesse saputo trovare,
istruire, plasmare e far crescere professionalmente e umanamente attori e
attrici del calibro di Max von Sidow e Gunnar Bjornstrand; di Bibi
Anderson e Liv Ulman; di Ingrid Thulin e Ulla Jacobson? Oppure, se non
avesse potuto sfruttare per la rappresentazione delle sue complesse ed
articolate sceneggiature interpreti che erano o che sono diventati,
anche per merito dei suoi film, dei veri e propri mostri sacri del
cinema mondiale? E mi riferisco, ovviamente, a Viktor Sjostrom, Erland
Josephson, Nils Joffe, Ingrid Bergman, etc.
Bergman stesso, parlando
delle sue sceneggiature, dei suoi testi scritti per il cinema, confessa:
“...quando
l'attore, alla fine, s'impossessa delle sue parole e le trasforma in
espressioni sue proprie, lui stesso finisce per perdere il contatto con
il significato originale delle battute. Gli artisti riescono a destare
nuova vita in scene piene solo di chiacchiere”.
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