(27 gennaio 2010 alle ore 17.40)
Da piccolo l'ho vista la Shoah.
Meglio, quello che la Shoah lasciò dietro di se.
Le ceneri, ancora fumanti, della Shoah.
Alla televisione, appena comprata.
Ma, quella non era la Shoah. No!
Era solo una pallida idea di ciò ch'era stata, la Shoah.
Ho visto i bulldozer spalare cataste di cadaveri dalle fosse di Dachau, Mauthausen, Buchenwald, Auschwitz o Treblinka.
Ho visto i bulldozer ammassare montagne di corpi.
Corpi che in vita erano stati. Un tempo.
Ed ora erano oggetti. Cose. Fatte di pelle e di ossa.
Cadaveri scheletriti di chi, strappato alla vita, una volta era stato un essere umano.
A quegli uomini hanno tolto i beni e la libertà.
L'identità e la dignità. L'amore e la pietà.
Infine, hanno tolto loro anche la vita.
Ma non sono riusciti a portare via la loro anima.
Un bel giorno d'estate, di vent'anni fa, sono andato a Dachau.
Dachau, Mauthausen, Buchenwald, Auschwitz o Treblinka è lo stesso.
Sono posti tutti uguali.
Cimiteri tristemente famosi.
Lì ho visto coi miei occhi cosa era stata la Shoah.
Lì ho visto montagne di scarpe che, un tempo, calzavano piedi umani.
Ho visto ciocche di capelli pettinati ogni sera, brulicanti di pidocchi.
Ho visto mucchi di denti, bianchi come perle oppure neri e marci.
Come ultimo pasto hanno mordicchiato una rapa o una radice di cavolo.
I più fortunati, fra quei denti cavati, hanno assaporato, per l'ultima volta, il gusto di una carota marcia.
Ho visto cumuli di occhiali che hanno aiutato chi l'inforcava a vedere, leggere e scrivere.
Ora erano miseramente divelti, storti, rugginiti.
Nel buio della ragione, non sono più serviti a vedere, a leggere, a scrivere.
Ho visto cataste di valigie, di cuoio e di cartone,
vuote, ammassate l'una sull'altra.
Non contenevano nulla.
Chi si reggeva forte alle maniglie di cuoio o di cartone aveva fatto il suo ultimo viaggio.
E non sospettava che quel viaggio era di sola andata.
Anche chi era ben vestito non poteva sospettare nemmeno che a Dachau, Mauthausen, Buchenwald, Auschwitz o Treblinka, gli sarebbero bastati pochi cenci, addosso.
Non sapeva che avrebbe perso la libertà di vestirsi, di leggere, scrivere e di guardare il mondo. Bello o brutto.
A Dachau ho visto i forni crematori.
Bocche aperte e sdentate. Ancora spalancate.
Come aspettassero, trepidanti e insaziabili, altre infornate di poveri cristi ignari del proprio destino.
A Dachau ho visto le camere a gas.
E pesanti porte di ferro che sigillavano l'aria.
Gli ugelli del gas sembrano ancora pronti a sfiatare veleni. A togliere l'aria.
Sono stato a Dachau. Un bel giorno d'estate.
E' come essere stati a Mauthausen, Buchenwald, Auschwitz o Treblinka.
Non c'era più freddo e nebbia e morte da respirare.
Ho visto cosa dev'essere stata la Shoah.
Non ho visto morire nessuno.
Ma ho visto lo stesso, in faccia, la Morte.
L'ho respirata. L'ho annusata dall'aria.
E' brutta la Morte.
Io non dimenticherò cosa può essere stata la Shoah.
E, se Memoria significa non dimenticare,
tutti dovrebbero fare lo sforzo ulteriore di non dimenticare .......l'indimenticabile.
Tutti dovrebbero ricordare.
Chi non l'ha vissuta e chi non vorrebbe più ricordarla.
Chi pagherebbe per dimenticarla e chi vorrebbe non fosse mai avvenuta.
Chi è contento d'essersi risvegliato dall'incubo più brutto che l'umanità ha mai vissuto e chi è contento per essere tornato dall'Inferno in terra.
La Shoah.
E, se, fra cento o mille anni, qualcuno che ancora ricorda si chiederà cos'era la Shoah, gli si risponderà che la Shoah è stata l'inferno in terra. E l'inferno è meglio che stia all'inferno.
E quel qualcuno non scorderà.
E anche gli altri non scorderanno.
La Shoah.
(Componimento di Salvatore Ruggiero, presentato al Concorso Nazionale di Poesia 2010: "L'OLOCAUSTO", organizzato dall'Amm.ne Com.le di Coreno Ausonio per la Celebrazione della Giornata della Memoria.)
Meglio, quello che la Shoah lasciò dietro di se.
Le ceneri, ancora fumanti, della Shoah.
Alla televisione, appena comprata.
Ma, quella non era la Shoah. No!
Era solo una pallida idea di ciò ch'era stata, la Shoah.
Ho visto i bulldozer spalare cataste di cadaveri dalle fosse di Dachau, Mauthausen, Buchenwald, Auschwitz o Treblinka.
Ho visto i bulldozer ammassare montagne di corpi.
Corpi che in vita erano stati. Un tempo.
Ed ora erano oggetti. Cose. Fatte di pelle e di ossa.
Cadaveri scheletriti di chi, strappato alla vita, una volta era stato un essere umano.
A quegli uomini hanno tolto i beni e la libertà.
L'identità e la dignità. L'amore e la pietà.
Infine, hanno tolto loro anche la vita.
Ma non sono riusciti a portare via la loro anima.
Un bel giorno d'estate, di vent'anni fa, sono andato a Dachau.
Dachau, Mauthausen, Buchenwald, Auschwitz o Treblinka è lo stesso.
Sono posti tutti uguali.
Cimiteri tristemente famosi.
Lì ho visto coi miei occhi cosa era stata la Shoah.
Lì ho visto montagne di scarpe che, un tempo, calzavano piedi umani.
Ho visto ciocche di capelli pettinati ogni sera, brulicanti di pidocchi.
Ho visto mucchi di denti, bianchi come perle oppure neri e marci.
Come ultimo pasto hanno mordicchiato una rapa o una radice di cavolo.
I più fortunati, fra quei denti cavati, hanno assaporato, per l'ultima volta, il gusto di una carota marcia.
Ho visto cumuli di occhiali che hanno aiutato chi l'inforcava a vedere, leggere e scrivere.
Ora erano miseramente divelti, storti, rugginiti.
Nel buio della ragione, non sono più serviti a vedere, a leggere, a scrivere.
Ho visto cataste di valigie, di cuoio e di cartone,
vuote, ammassate l'una sull'altra.
Non contenevano nulla.
Chi si reggeva forte alle maniglie di cuoio o di cartone aveva fatto il suo ultimo viaggio.
E non sospettava che quel viaggio era di sola andata.
Anche chi era ben vestito non poteva sospettare nemmeno che a Dachau, Mauthausen, Buchenwald, Auschwitz o Treblinka, gli sarebbero bastati pochi cenci, addosso.
Non sapeva che avrebbe perso la libertà di vestirsi, di leggere, scrivere e di guardare il mondo. Bello o brutto.
A Dachau ho visto i forni crematori.
Bocche aperte e sdentate. Ancora spalancate.
Come aspettassero, trepidanti e insaziabili, altre infornate di poveri cristi ignari del proprio destino.
A Dachau ho visto le camere a gas.
E pesanti porte di ferro che sigillavano l'aria.
Gli ugelli del gas sembrano ancora pronti a sfiatare veleni. A togliere l'aria.
Sono stato a Dachau. Un bel giorno d'estate.
E' come essere stati a Mauthausen, Buchenwald, Auschwitz o Treblinka.
Non c'era più freddo e nebbia e morte da respirare.
Ho visto cosa dev'essere stata la Shoah.
Non ho visto morire nessuno.
Ma ho visto lo stesso, in faccia, la Morte.
L'ho respirata. L'ho annusata dall'aria.
E' brutta la Morte.
Io non dimenticherò cosa può essere stata la Shoah.
E, se Memoria significa non dimenticare,
tutti dovrebbero fare lo sforzo ulteriore di non dimenticare .......l'indimenticabile.
Tutti dovrebbero ricordare.
Chi non l'ha vissuta e chi non vorrebbe più ricordarla.
Chi pagherebbe per dimenticarla e chi vorrebbe non fosse mai avvenuta.
Chi è contento d'essersi risvegliato dall'incubo più brutto che l'umanità ha mai vissuto e chi è contento per essere tornato dall'Inferno in terra.
La Shoah.
E, se, fra cento o mille anni, qualcuno che ancora ricorda si chiederà cos'era la Shoah, gli si risponderà che la Shoah è stata l'inferno in terra. E l'inferno è meglio che stia all'inferno.
E quel qualcuno non scorderà.
E anche gli altri non scorderanno.
La Shoah.
(Componimento di Salvatore Ruggiero, presentato al Concorso Nazionale di Poesia 2010: "L'OLOCAUSTO", organizzato dall'Amm.ne Com.le di Coreno Ausonio per la Celebrazione della Giornata della Memoria.)