Da un post dell'amica cinefila prof.ssa Giuseppina Giacobbe - pubblicato sulle pagine di Facebook a commento di una mia nota - nel quale si faceva esplicito riferimento al personaggio del Don Giovanni
(il seduttore) e, di conseguenza, al tema più generale della sessualità
nel cinema di Ingmar Bergman, è nata una estemporanea, quanto
interessante, discussione a tre voci tra la stessa Giuseppina Giacobbe, Salvatore M.Ruggiero e l'artista Sergio Di Cori Modigliani.
L'importanza dell'argomento e la sensatezza del contributo di due persone, che hanno dimostrato di conoscere molto bene la poetica cinematografica di Ingmar Bergman mi hanno indotto a "rubare" la discussione e a “salvarla” dall'oblio in cui sarebbe inevitabilmente caduta, facendone una nota, che volentieri sottopongo a tutti gli appassionati del ...Genio di Uppsala, pubblicandola in appendice a questo mio breve saggio.
(N.B. La nota contiene anche un contributo indiretto, quindi non volontario, del critico cinematografico Antonio Stanca che, ovviamente, ringraziamo.)
GG:
A proposito di Kirkegaard.....Il seduttore sensuale di Kirkegaard si
identifica con la figura di Don Giovanni. Il seduttore si svincola dalla
logica e dalla morale, non ha bisogno di progetti, di preparativi. Egli
vede, desidera ed ama allo stesso tempo. E' dotato di una sorta di
genialità sensuale. "A ogni donna corrisponde... un seduttore, la sua felicità sta nell'incontrarlo." (da "Diario di un seduttore").
SMR: Pensa Giuseppina, L'occhio del Diavolo - "la verginità di una giovane è come un orzaiolo nell'occhio del diavolo" - è uno dei film del Genio che mi è piaciuto di .....meno. :-)
SMR: Pensa Giuseppina, L'occhio del Diavolo - "la verginità di una giovane è come un orzaiolo nell'occhio del diavolo" - è uno dei film del Genio che mi è piaciuto di .....meno. :-)
GG:
Devo rivederlo, l'ho visto troppo tempo fa e non ho ancora il DVD. Di
certo che il peggiore dei suoi film vale la pena di vederlo, sempre e
comunque. Non ricordo neanche la citazione. Piuttosto forte. Io però non
poso fare a meno di notare che la ...sessualità nei film di Bergman ha
una dimensione piuttosto gioiosa, non inquieta. Ricordo Sorrisi di una notte d'estate, oppure Fanny e Alexander, persino ne Il settimo sigillo.
Mi piace ricordare anche che la figura del seduttore kirkegaardiano non
è una figura negativa in se e per se. Il seduttore psichico diventa
schiavo delle apparenze e quindi la sua progettualità lo condanna
inevitabilmente ad un senso di insoddisfazione.
SMR: Bergman è spiazzante: sembra quasi che non prenda mai una parte. Tu citi esempi di sessualità gioiosa, piacevole, io posso citarti a memoria esempi opposti, di sessualità malata, spiacevole, insoddisfacente. Il Silenzio, ad esempio, dove... Anna, nella città misteriosa di Timoka, si comporta come fosse una ninfomane e fa l'amore con uno sconosciuto. Ancora più forte La fontana della vergine con lo stupro di Karin - da parte di due pastori incontrati per caso nel bosco - mentre è in viaggio per portare candele alla sua chiesa, accompagnata da Inger, incinta perché stuprata anche lei. Ed infine L'ora del Lupo dove la sessualità adultera è sempre presente, nell'aria e nei ricordi dei due protagonisti, Johan ed Alma. Comunque bel tema quello della sessualità nella filmografia di Bergman, non l'avevo mai studiato, preso da temi che mi parevano più importanti, approfondirò l'argomento.
SDCM: Non sono d'accordo con Salvatore. Penso che Bergman sia stato un regista fondamentale - che non si e' mai piegato - proprio nel trattare la sessualità come elemento liberatorio e allo stesso tempo kirkegaardianamente costitutivo nella formazione della identità. Il sesso, per Bergman, e' sempre gioia pura, perdita dell'Ego e affermazione dell'Io. Nei film in cui tratta l'aspetto, diciamo cosi' dark della sessualità, lo fa per ricordare che quelli sono aspetti che esistono e dai quali bisogna evolversi attraversandoli: ecco il senso del Don Giovanni kirkegardiano, il quale, per Bergman, aveva la funzione di un Maestro di seduzione carnale che diventava spirituale in quanto indicava la via della evoluzione. Perfetta per la vita dei nordici. Nel bacino del mediterraneo, invece, ha attecchito la visione compromissoria, mediatrice, e contraddittoria, sempre legata al connubio tra sessualità' e potere politico di Casanova, genialmente rappresentato in tutti i suoi film da Federico Fellini. Non a caso, Fellini amava Bergman e viceversa. Erano grandi amici. Bergman, da bravo luterano (come il Don Giovanni) amava una donna per volta sperando sempre che fosse l'ultima: se non funzionava, divorziava e si innamorava di un'altra. Fellini, e' sempre stato con la sua mamma Giulietta Masina (da bravo Casanova) perché ha vissuto la sua sessualità latina mescolandola a quei temi di convenienza sociale e psicologica che rendono così ambigua e – per ciò che mi riguarda - quasi insopportabile la relazionalità tra uomo e donna nella libertà sessuale in un paese come l'Italia. Nel nord Europa, la Verità ha un valore di scambio autentico. In Italia, la Verità e' considerata un disvalore. Basti vedere la politica. E tutto ciò discende anche nei rapporti privati.
SMR: Rispetto, ovviamente, l'opinione di Sergio, ma mi permetto di anch'io di dissentire da lui, molto civilmente. Bergman pone delle domande, ma non dà delle risposte. Sembra quasi che lui le cerchi assieme a noi. L'obiettivo di Bergman non è risolvere i problemi dello spettatore, tanto meno dell'uomo; Bergman si limita a centrarli, ma, spesso, li lascia irrisolti. Molti suoi film non forniscono una panacea alle problematiche esistenziali, sembrano, invece amplificarle. Eppoi, Sergio, che significa ...gli aspetti dark della sessualità bisogna attraversarli per evolversi? E se io non ho i problemi che aveva Anna? E ancora: attraversarli significa risolverli? Non mi pare!
SMR: Bergman è spiazzante: sembra quasi che non prenda mai una parte. Tu citi esempi di sessualità gioiosa, piacevole, io posso citarti a memoria esempi opposti, di sessualità malata, spiacevole, insoddisfacente. Il Silenzio, ad esempio, dove... Anna, nella città misteriosa di Timoka, si comporta come fosse una ninfomane e fa l'amore con uno sconosciuto. Ancora più forte La fontana della vergine con lo stupro di Karin - da parte di due pastori incontrati per caso nel bosco - mentre è in viaggio per portare candele alla sua chiesa, accompagnata da Inger, incinta perché stuprata anche lei. Ed infine L'ora del Lupo dove la sessualità adultera è sempre presente, nell'aria e nei ricordi dei due protagonisti, Johan ed Alma. Comunque bel tema quello della sessualità nella filmografia di Bergman, non l'avevo mai studiato, preso da temi che mi parevano più importanti, approfondirò l'argomento.
SDCM: Non sono d'accordo con Salvatore. Penso che Bergman sia stato un regista fondamentale - che non si e' mai piegato - proprio nel trattare la sessualità come elemento liberatorio e allo stesso tempo kirkegaardianamente costitutivo nella formazione della identità. Il sesso, per Bergman, e' sempre gioia pura, perdita dell'Ego e affermazione dell'Io. Nei film in cui tratta l'aspetto, diciamo cosi' dark della sessualità, lo fa per ricordare che quelli sono aspetti che esistono e dai quali bisogna evolversi attraversandoli: ecco il senso del Don Giovanni kirkegardiano, il quale, per Bergman, aveva la funzione di un Maestro di seduzione carnale che diventava spirituale in quanto indicava la via della evoluzione. Perfetta per la vita dei nordici. Nel bacino del mediterraneo, invece, ha attecchito la visione compromissoria, mediatrice, e contraddittoria, sempre legata al connubio tra sessualità' e potere politico di Casanova, genialmente rappresentato in tutti i suoi film da Federico Fellini. Non a caso, Fellini amava Bergman e viceversa. Erano grandi amici. Bergman, da bravo luterano (come il Don Giovanni) amava una donna per volta sperando sempre che fosse l'ultima: se non funzionava, divorziava e si innamorava di un'altra. Fellini, e' sempre stato con la sua mamma Giulietta Masina (da bravo Casanova) perché ha vissuto la sua sessualità latina mescolandola a quei temi di convenienza sociale e psicologica che rendono così ambigua e – per ciò che mi riguarda - quasi insopportabile la relazionalità tra uomo e donna nella libertà sessuale in un paese come l'Italia. Nel nord Europa, la Verità ha un valore di scambio autentico. In Italia, la Verità e' considerata un disvalore. Basti vedere la politica. E tutto ciò discende anche nei rapporti privati.
SMR: Rispetto, ovviamente, l'opinione di Sergio, ma mi permetto di anch'io di dissentire da lui, molto civilmente. Bergman pone delle domande, ma non dà delle risposte. Sembra quasi che lui le cerchi assieme a noi. L'obiettivo di Bergman non è risolvere i problemi dello spettatore, tanto meno dell'uomo; Bergman si limita a centrarli, ma, spesso, li lascia irrisolti. Molti suoi film non forniscono una panacea alle problematiche esistenziali, sembrano, invece amplificarle. Eppoi, Sergio, che significa ...gli aspetti dark della sessualità bisogna attraversarli per evolversi? E se io non ho i problemi che aveva Anna? E ancora: attraversarli significa risolverli? Non mi pare!
A
proposito della donna nordica (leggi scandinava) e della sua sessualità
ti ricordo, per inciso proprio quello che diceva lo stesso Bergman: ”La
donna nordica è passionale, imprevedibile e indipendente. È donna leale
e romantica, ma spietata quando ha deciso di donarsi. Di sovente ha i
piedi molto gelati... Confondere i suoi atteggiamenti a volte impudichi
con la sensualità è un errore catastrofico. È un essere inesperto ma
pieno di curiosità. D'estate è facilmente accessibile, d'inverno indossa
troppi abiti. Assai di rado è una donna consapevole della sua
femminilità, e quindi è una preda facile. Le sue concezioni morali sono
assai duttili e personali, perciò è difficile che resista a lungo.”
SDCM: Non vanno risolti, vanno vissuti, per ciò...attraversati. Abbiamo una interpretazione diversa dell'esistenza, tutto qui.....
SMR: ...e questo è pacifico, caro Sergio. Ma, pur ammettendo che l'esegesi della filmografia di Bergman non sia codificata, ma possa lasciare spazio a continui arricchimenti, tuttavia penso che non ci sia molto spazio per interpretazioni troppo personalizzate o filtrate dalle proprie personali convinzioni. Con tutto il rispetto.
SDCM: Le interpretazioni, per definizione, sono tutte personalizzate, nessuna esclusa, altrimenti si chiamano dogmi ....come dice lei: con tutto il rispetto.
SMR: Anche in questo caso, caro Sergio, devo darti (parzialmente) ragione. Ma non è tutto nero e bianco, come tu affermi. Alcune interpretazioni sono meno personali (pur non essendo ancora diventate dogmi) di altre, perché condivise dalla quasi totalità, o comunque dalla maggioranza, della critica cinematografica più accreditata. PS Ci diamo del tu o del lei?".
SDCM: Diamoci del tu ...nel campo della intellettualità, io non sono affatto un democratico, anzi. Il fatto che la maggioranza sostenga un punto di vista, non vuol dire che quel punto di vista sia giusto, né tanto meno vero. Volendo andare a spaccare il capello, c'é da dire, poi, che la critica cinematografica tedesca, statunitense e sudamericana, ha sempre avuto di Ingmar Bergman (visto che parliamo di lui) una opinione totalmente diversa da quella italiana, la cui interpretazione e' sempre stata filtrata dal proprio bagaglio culturale cattolico e sessualmente repressivo, per cui diventa piuttosto arduo per gli italiani (intesi qui come etnia culturale) avere accesso a un dibattito intorno allo scambio della sessualità tra maschio e femmina privo dell'esistenza (tanto per fare un banale esempio) del concetto di peccato.
SMR: E' vero che la critica (e anche grossa parte del pubblico) non italiana non è stata sempre troppo clemente con Bergman, specie negli Stati Uniti, ma penso che il motivo vada ricercato negli scarsi parametri culturali degli spettatori. Il mio punto di riferimento inscindibile e irrinunciabile resta pertanto Gian Luigi Rondi che, pur dotato di un solido background cattolico, è tra tutti quello che di più e meglio ha eviscerato e sondato sapientemente e profondamente la filmografia del Genio. E anche da critica non professionale (ad esempio il filosofo Emanuele Severino) sono arrivati dei contributi notevoli alla comprensione dei filmoni di Bergman. In effetti, siamo molto più vicini e contigui di quanto lo start del nostro scambio dialettico potesse far pensare. Consentimi, poi, di segnalarti questo contributo di Antonio Stanca: "I contenuti dei suoi film (si parla di Bergman, ovviamente – n.d.r.) da lui stesso scritti e sceneggiati, saranno i problemi dell’uomo moderno trovatosi improvvisamente in una famiglia, in un ambiente, in una vita non più a sua misura, scopertosi privo di valori, certezze immanenti e trascendenti, sospeso tra una terra devastata dal male (“La Vergogna” - n.d.r.) ed un cielo impossibile da raggiungere (“Luci d'Inverno” - n.d.r.), solo tra una folla di solitari (“Il Settimo sigillo” - n.d.r.). I film di Bergman hanno indagato nei recessi più remoti dell’anima umana, della vita dello spirito. Il loro personaggio principale, uomo o donna, è stato presentato in infinite situazioni e dimensioni e, tuttavia, è risultato sempre insoddisfatto di sé, del suo stato; sempre alla ricerca di ciò che mancava alle sue aspirazioni, mai sicuro di un progresso, di uno sviluppo positivo, definitivo, continuamente angosciato dall’impossibilità di risolvere problemi quali l’incomunicabilità soprattutto tra coniugi, la vecchiaia, la morte, l’amore, Dio, la sessualità, il sogno, la visione, la malattia, la deviazione, la follia, la speranza, l’illusione, la quotidianità, l’eternità".
SDCM: Mi piace questo testo di Stanca, che non conoscevo ...puoi pubblicare quello che vuoi ...sono d'accordo con Stanca ...in realtà, il dramma esistenziale - che Bergman ha compreso in pieno - e' che la Vita non ha senso e per noi Umani Pensanti non e' mica facile da accettare...
SMR: Su quest'ultimo intervento di Sergio non posso non citare lo stesso Bergman, in quello che mi pare un vero e proprio manifesto del nichilismo: “....sei nato senza scopo, vivi senza significato, la vita è significato a se stessa. Quando muori ti spegni. Dall'essere ti muterai in non-essere. Non è necessario che un Dio dimori tra i nostri atomi sempre più capricciosi.”
GG: Sono d'accordo con la tesi di Stanca; Bergman ha raccontato le angosce, le inquietudini, lo smarrimento che appartengono all'uomo contemporaneo, ma non solo. La perdita di Dio, del sistema di valori ad esso legato, il dramma esistenziale che è del singolo e della collettività, sono i contenuti centrali nella cinematografia bergmaniana. Che poi Bergman abbia affrontato questi temi usando la stratificazione di conoscenze che appartiene alla cultura nordica è un dato che è, sì scontato in sé e per sé, ma non per noi che proveniamo da una cultura diversa. Mi piace ricordare il profondo rigore insito nel luteranesimo, che pone l'individuo solo di fronte all'angoscia di non pervenire all'assoluto, senza mediazioni consolatorie. A proposito della sessualità nei film di Bergman: me sembra che essa sia rappresentata gioiosamente in quei luoghi in cui i personaggi sono svincolati da una dimensione puramente etica. Per esempio gioiosi sono i semplici nel Il settimo sigillo. Oppure la sessualità gioiosa si contrappone alla paura della morte, nel film già citato e in Il posto delle fragole. Diventa inquieta se inserita in un contesto familiare in crisi, come in Scene da un matrimonio. Di certo la gioia sessuale è un diritto naturale. Si pensi alle scappatelle tollerate in Fanny e Alexander.
SMR: ...e questo è pacifico, caro Sergio. Ma, pur ammettendo che l'esegesi della filmografia di Bergman non sia codificata, ma possa lasciare spazio a continui arricchimenti, tuttavia penso che non ci sia molto spazio per interpretazioni troppo personalizzate o filtrate dalle proprie personali convinzioni. Con tutto il rispetto.
SDCM: Le interpretazioni, per definizione, sono tutte personalizzate, nessuna esclusa, altrimenti si chiamano dogmi ....come dice lei: con tutto il rispetto.
SMR: Anche in questo caso, caro Sergio, devo darti (parzialmente) ragione. Ma non è tutto nero e bianco, come tu affermi. Alcune interpretazioni sono meno personali (pur non essendo ancora diventate dogmi) di altre, perché condivise dalla quasi totalità, o comunque dalla maggioranza, della critica cinematografica più accreditata. PS Ci diamo del tu o del lei?".
SDCM: Diamoci del tu ...nel campo della intellettualità, io non sono affatto un democratico, anzi. Il fatto che la maggioranza sostenga un punto di vista, non vuol dire che quel punto di vista sia giusto, né tanto meno vero. Volendo andare a spaccare il capello, c'é da dire, poi, che la critica cinematografica tedesca, statunitense e sudamericana, ha sempre avuto di Ingmar Bergman (visto che parliamo di lui) una opinione totalmente diversa da quella italiana, la cui interpretazione e' sempre stata filtrata dal proprio bagaglio culturale cattolico e sessualmente repressivo, per cui diventa piuttosto arduo per gli italiani (intesi qui come etnia culturale) avere accesso a un dibattito intorno allo scambio della sessualità tra maschio e femmina privo dell'esistenza (tanto per fare un banale esempio) del concetto di peccato.
SMR: E' vero che la critica (e anche grossa parte del pubblico) non italiana non è stata sempre troppo clemente con Bergman, specie negli Stati Uniti, ma penso che il motivo vada ricercato negli scarsi parametri culturali degli spettatori. Il mio punto di riferimento inscindibile e irrinunciabile resta pertanto Gian Luigi Rondi che, pur dotato di un solido background cattolico, è tra tutti quello che di più e meglio ha eviscerato e sondato sapientemente e profondamente la filmografia del Genio. E anche da critica non professionale (ad esempio il filosofo Emanuele Severino) sono arrivati dei contributi notevoli alla comprensione dei filmoni di Bergman. In effetti, siamo molto più vicini e contigui di quanto lo start del nostro scambio dialettico potesse far pensare. Consentimi, poi, di segnalarti questo contributo di Antonio Stanca: "I contenuti dei suoi film (si parla di Bergman, ovviamente – n.d.r.) da lui stesso scritti e sceneggiati, saranno i problemi dell’uomo moderno trovatosi improvvisamente in una famiglia, in un ambiente, in una vita non più a sua misura, scopertosi privo di valori, certezze immanenti e trascendenti, sospeso tra una terra devastata dal male (“La Vergogna” - n.d.r.) ed un cielo impossibile da raggiungere (“Luci d'Inverno” - n.d.r.), solo tra una folla di solitari (“Il Settimo sigillo” - n.d.r.). I film di Bergman hanno indagato nei recessi più remoti dell’anima umana, della vita dello spirito. Il loro personaggio principale, uomo o donna, è stato presentato in infinite situazioni e dimensioni e, tuttavia, è risultato sempre insoddisfatto di sé, del suo stato; sempre alla ricerca di ciò che mancava alle sue aspirazioni, mai sicuro di un progresso, di uno sviluppo positivo, definitivo, continuamente angosciato dall’impossibilità di risolvere problemi quali l’incomunicabilità soprattutto tra coniugi, la vecchiaia, la morte, l’amore, Dio, la sessualità, il sogno, la visione, la malattia, la deviazione, la follia, la speranza, l’illusione, la quotidianità, l’eternità".
SDCM: Mi piace questo testo di Stanca, che non conoscevo ...puoi pubblicare quello che vuoi ...sono d'accordo con Stanca ...in realtà, il dramma esistenziale - che Bergman ha compreso in pieno - e' che la Vita non ha senso e per noi Umani Pensanti non e' mica facile da accettare...
SMR: Su quest'ultimo intervento di Sergio non posso non citare lo stesso Bergman, in quello che mi pare un vero e proprio manifesto del nichilismo: “....sei nato senza scopo, vivi senza significato, la vita è significato a se stessa. Quando muori ti spegni. Dall'essere ti muterai in non-essere. Non è necessario che un Dio dimori tra i nostri atomi sempre più capricciosi.”
GG: Sono d'accordo con la tesi di Stanca; Bergman ha raccontato le angosce, le inquietudini, lo smarrimento che appartengono all'uomo contemporaneo, ma non solo. La perdita di Dio, del sistema di valori ad esso legato, il dramma esistenziale che è del singolo e della collettività, sono i contenuti centrali nella cinematografia bergmaniana. Che poi Bergman abbia affrontato questi temi usando la stratificazione di conoscenze che appartiene alla cultura nordica è un dato che è, sì scontato in sé e per sé, ma non per noi che proveniamo da una cultura diversa. Mi piace ricordare il profondo rigore insito nel luteranesimo, che pone l'individuo solo di fronte all'angoscia di non pervenire all'assoluto, senza mediazioni consolatorie. A proposito della sessualità nei film di Bergman: me sembra che essa sia rappresentata gioiosamente in quei luoghi in cui i personaggi sono svincolati da una dimensione puramente etica. Per esempio gioiosi sono i semplici nel Il settimo sigillo. Oppure la sessualità gioiosa si contrappone alla paura della morte, nel film già citato e in Il posto delle fragole. Diventa inquieta se inserita in un contesto familiare in crisi, come in Scene da un matrimonio. Di certo la gioia sessuale è un diritto naturale. Si pensi alle scappatelle tollerate in Fanny e Alexander.
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