(Il vero Gerardo, come Smokey-lonesome
di Pomodori verdi fritti, in una foto di P.Parente)
Gerardo
non aveva un’occupazione vera. L’impiego fisso che tutti si cercano,
prima o poi, nella vita. Alla sua età avanzata, se non veneranda,
coltivava la terra. O, per meglio dire, si limitava a dissodarla. Non la
sua ma quella degli altri. Chi aveva necessità di vangare un pezzo di
terra, sapeva di potersi sempre rivolgere a lui. Per accordarsi non
servivano lunghi convegni. Bastavano due parole. Non era molto loquace -
tutt’altro - da sobrio era di poche chiacchiere. Dopo che gli avevi
spiegato per bene dov’era il tuo terreno, con una svelta stretta di
mano, e un sorriso sdentato appena accennato, ricevevi la promessa che
il lavoretto sarebbe stato eseguito a dovere e per tempo. Gerardo si
ubriacava di frequente, ma ricordava ogni suo impegno e, approfittando
dei rari momenti di lucidità, andava sul posto stabilito e raspava,
scrostava, raschiava le zolle, grattava la terra. Il lavoro che aveva
promesso, se non lo faceva a regola d’arte, perlomeno l’aveva tentato. I
piedi calzati da ciocie
spingevano maldestramente sul pedale della sua vanga e il suo sudore
arrivava sempre a bagnare le zolle. Qualche volta sbagliava recapito e
si trascinava sul terreno di un altro. Poco male. Almeno anche quel
pezzo di terra ne avrebbe cavato qualche beneficio. Gerardo non aveva
una tariffa fissa per i suoi servizi, ma - com’è ovvio - anche lui
doveva attrezzare una mesata decente. A volte chiedeva una specie di
mancia, o di poter consumare un frugale boccone. Non avveniva mai a casa
del committente. Quello glielo recapitava dove lavorava. Sennò gli
bastava solo un fiasco di vino. L’avanzo di quello che gli serviva per
sfamarsi se lo portava dietro lui. Erano sufficienti un tozzo di pane,
un culo di lardo, una manciata di olive seccate nel forno - tutto
innaffiato da un bicchiere di vino. Altre volte, per un’intera giornata
di duro lavoro, si accontentava di poche lire. Tanto, se gli davano i
soldi - di qualunque somma si trattasse - lui provvedeva immediatamente a
spenderli tutti - in sigari e vino. Molto prima di raggiungere le sue
tasche sfondate, lui aveva già guadagnato, spedito e raggiante, l’unica
taverna che conosceva - passando prima dal tabaccaio.
(dalla raccolta di racconti paesologici Le stagioni della lattaia di Salvatore M.Ruggiero)
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