domenica 9 settembre 2012

Gerardo, vangava la terra.

                                                (Il vero Gerardo, come Smokey-lonesome
                                            di Pomodori verdi fritti, in una foto di P.Parente)

Gerardo non aveva un’occupazione vera. L’impiego fisso che tutti si cercano, prima o poi, nella vita. Alla sua età avanzata, se non veneranda, coltivava la terra. O, per meglio dire, si limitava a dissodarla. Non la sua ma quella degli altri. Chi aveva necessità di vangare un pezzo di terra, sapeva di potersi sempre rivolgere a lui. Per accordarsi non servivano lunghi convegni. Bastavano due parole. Non era molto loquace - tutt’altro - da sobrio era di poche chiacchiere. Dopo che gli avevi spiegato per bene dov’era il tuo terreno, con una svelta stretta di mano, e un sorriso sdentato appena accennato, ricevevi la promessa che il lavoretto sarebbe stato eseguito a dovere e per tempo. Gerardo si ubriacava di frequente, ma ricordava ogni suo impegno e, approfittando dei rari momenti di lucidità, andava sul posto stabilito e raspava, scrostava, raschiava le zolle, grattava la terra. Il lavoro che aveva promesso, se non lo faceva a regola d’arte, perlomeno l’aveva tentato. I piedi calzati da ciocie spingevano maldestramente sul pedale della sua vanga e il suo sudore arrivava sempre a bagnare le zolle. Qualche volta sbagliava recapito e si trascinava sul terreno di un altro. Poco male. Almeno anche quel pezzo di terra ne avrebbe cavato qualche beneficio. Gerardo non aveva una tariffa fissa per i suoi servizi, ma - com’è ovvio - anche lui doveva attrezzare una mesata decente. A volte chiedeva una specie di mancia, o di poter consumare un frugale boccone. Non avveniva mai a casa del committente. Quello glielo recapitava dove lavorava. Sennò gli bastava solo un fiasco di vino. L’avanzo di quello che gli serviva per sfamarsi se lo portava dietro lui. Erano sufficienti un tozzo di pane, un culo di lardo, una manciata di olive seccate nel forno - tutto innaffiato da un bicchiere di vino. Altre volte, per un’intera giornata di duro lavoro, si accontentava di poche lire. Tanto, se gli davano i soldi - di qualunque somma si trattasse - lui provvedeva immediatamente a spenderli tutti - in sigari e vino. Molto prima di raggiungere le sue tasche sfondate, lui aveva già guadagnato, spedito e raggiante, l’unica taverna che conosceva - passando prima dal tabaccaio.

(dalla raccolta di racconti paesologici Le stagioni della lattaia di Salvatore M.Ruggiero)



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