lunedì 3 settembre 2012

I maritozzi delle D'Alessandro erano per me come le madeleines di Proust.



"...Il forno era famoso fra tutti quelli che, come me, facevano quel tragitto al mattino per raggiungere la scuola, anche per un altro motivo. Solo lì potevamo trovare e gustare i maritozzi lievitati. Da piccolo ero un goloso patologico. E ancora oggi lo sono. Consideravo il forno la mia pasticceria. Ci andavo spesso a prendermi un maritozzo appena sfornato, ancora caldo, per la somma di cinque lire - allora nemmeno tanto trascurabile. Era quanto potessi permettermi - forse anche di più. C’era sempre una di quelle donne gentili pronta a servirlo. Non avevi il tempo di chiederlo, perché lei ti aveva già letto negli occhi cosa volevi. Così te lo porgeva con gesto premuroso, amorevole, quasi materno. Avvolto a malapena in un pezzo di carta da pane color tabacco, strappato con gesto veloce dalla risma che aveva a portata di mano, appesa di lato, sul muro, a un gancio di ferro. Quella golosità era calda, fragrante, appena staccata dalle grandi teglie nere. Accatastate vuote da un lato, per giorni ne avrebbero conservato sul fondo nero una grassa, gialla, lucida impronta rappresa di strutto strinato. Allora i dolci avevano un altro sapore - forse avevamo più fame. Ricordo quei maritozzi con lacerante nostalgia. Morbidi. Gonfi. Accuratamente coperti di uno strato sottile di granelli di zucchero. Sembravano piccole cupole innevate. Costituivano un vero piacere carnale. Un desiderio peccaminoso. Erano tentazioni da addentare all’istante - sul posto. Tutt’al più riuscivo ad allontanarmi solo di un passo. Quindi, affondavo, ingordo, i denti nella pasta morbida. Quattro morsi bastavano a finirlo. Eppure era enorme, al confronto della mia piccola bocca. In pochi attimi l’estasi era stata smaniata, inseguita, raggiunta, assaporata, consumata. Ne rimaneva solo il rammarico d’averlo finito troppo presto. Se avessi avuto altri soldi sarei stato già pronto a tornare indietro per chiederne un altro. E poi un altro. E un altro ancora - fino a scoppiare."

(dal libro di Salvatore M.Ruggiero: "Le stagioni della lattaia"; la "Piccola storia n.Uno: Le sorelle D'Alessandro".)


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