L'altro giorno ero in treno.
Sulla solita tratta Roma-Napoli.
Uno di quei lerci e fetidi mezzi di trasporto che solo gli amministratori di Trenitalia si ostinano ancora a chiamare enfaticamente "treni interregionali".
Invece sono solo carri-bestiame.
Seduto tranquillamente al mio solito posto: quello singolo a destra della porta, vicino al finestrino, in favore del senso di marcia del treno, per guardare il paesaggio che corre fuori, senza vertigini.
Il pc aperto acceso sulle ginocchia, in stand-by, ad aspettare un'ispirazione che tarda ad arrivare.
Ma sono solo a metà del mio viaggio.
Intanto gioco a free-cell.
D'un tratto il colpo alla porta: come un'esplosione tremenda. Un attentato!
No! Per fortuna o sfortuna.
Un'ombra gigantesca che da dietro le mie spalle si allarga sul corridoio e sui sedili vuoti davanti a me.
Entra sbuffando come una locomitiva un padreterno barbuto alto quasi due metri e largo altrettanto. Con quattro valigie, due per ogni mano.
Mano... più che mani umane, sembrano benne di una pala meccanica.
L'individuo è una specie di incrocio tra Giuliano Ferrara, Mario Adinolfi l'on. PD e la buonanima di Pavarotti.
Chi cazzo è, costui?
Vi starete domandando curiosi come scimmie.
Ma come chi era?
Io l'ho riconosciuto subito! Mi è bastato uno sguardo.
Era il mitico ...ciccione viaggiatore.
smr
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