Dieci anni fa moriva a Faro il più grande regista cinematografico di tutti i tempi ed uno dei maggiori registi teatrali.
Era un lunedì come oggi.
Era un caldo 30 Luglio come oggi e come tanti d'estate. Anche in Svezia.
Solo una quindicina di giorni prima Bergman aveva evitato di presenziare alla Bergman Weckan (La settimana in onore di Bergman) che si svolgeva, come ogni anno, sulla sua isola: un portavoce del regista aveva scritto, in un laconico comunicato che il Maestro avrebbe disertato le manifestazioni, alle quali pure aveva promesso di partecipare, per generici motivi di salute.
Lo ricordo, come è giusto, con una frase, tra le più belle delle tante che il Maestro ci ha lasciato.
E con l'incipit del magnifico libro che Aldo Garzia (malato, come me, di bergmanitudine) ha voluto dedicare al Maestro nel 2010.
"Io non sono un genio, sono un artigiano. Con il tempo sono diventato un artigiano maledettamente abile ed esperto, che sa fare buoni articoli, generi di prima necessità. Roba di cui la gente normale ha bisogno nella vita di tutti i giorni per stare un po meglio e dimenticare la melma in cui si vive. Per poter piangere un po e ridere un po, e magari rabbrividire un tantino. Questo è tutto."
(I.E.B.)
"La notizia della morte di Ingmar Bergman è arrivata da Faro, l'isola dove aveva deciso di vivere fin dagli anni '60, come un colpo di fucile. Lunedì 30 Luglio 2007 alcune generazioni si sono sentite orfane. Era scomparso un padre putattivo che con fare burbero e deciso aveva accompagnato prima la nostra adolescenza e poi la maturità indicandoci i temi sui quali è bene ogni tanto soffermarsi, prendere fiato, pensare. Non aveva rinunciato a questo ruolo nemmeno nell'ultimo decennio, ormai ottuagenario. I suoi messaggi in bottiglia continuavano a tenerci compagnia.
Poteva trattarsi di un libro, di un film televisivo, di una sceneggiatura portata sul grande schermo da altri o di un'intervista. Spettava a noi aver voglia di confrontarci con lui: leggere, vedere, decifrare quello che aveva voluto raccontare."
(dal libro di Aldo Garzia: "Bergman The Genius", La vita, le idee. i film, i rapporti con l'Italia, l'amore per l'isola di Faro)
P.S. Come se non bastasse, lo stesso giorno moriva un' altro Maestro del cinema: Michelangelo Antonioni. Nello stesso maledetto giorno il cinema si era impoverito di due grandi personaggi peculiari, unici, originali, innovativi, insostituibili, a loro modo scomodi. Quel maledetto giorno il padreterno aveva un maledetto bisogno di registi, ma non di registi normali, di veri e propri Maestri.
Ne scelse due, tra i più grandi.
Non ho aneddoti personali che riguardano il mio idolo, Ingmar Ernst Bergman, che non ho mai conosciuto. Ho, invece, un piccolo ma piacevole ricordo personale di Michelangelo Antonioni. Lo voglio condividere, volentieri, con gli amici del mio blog. Incontrai Antonioni a
Fiumicino una ventina di anni fa, prima d'imbarcarmi in aereo per un mio viaggio negli
U.S.A.. Era anziano e provato dalla grave malattia, seduto in carrozzella, spinta dalla molto più giovane e bella moglie.
Non potevo fare finta di niente, avevo davanti a me un grande del cinema. Diedi un colpo di gomito al braccio di mia moglie che era al mio fianco, forse distratta. Lo
salutai con un deferente ..."buongiorno Maestro!" Mi rispose con
l'accenno di un sorriso. Anche solo quello costituiva molta fatica per lui. Mi regalò, comunque, un bel ricordo da portare con me e da condividere con voi.