..."Se chiudo gli occhi le vedo ancora le sue case basse: paiono
reggersi lungo il pendio scosceso, puntellate nella terra e nei sassi.
Sembrano gatti che si reggono sul sofà con gli artigli ficcati nello
schienale. Sono addossate, appiccicate una sull’altra, a modellare i
minuscoli, caratteristici borghi, stipati di portici archi e loggiati,
che conservano ancora il nome degli edificatori primordiali. Tutte di
pietra viva e malta impastata a colpi di badile; tutte coi serramenti di
quercia laccati al naturale. Li vedo ancora i suoi tetti coperti di
coppi fatti a mano: tutti uguali nella forma, tutti diversi nei colori,
estratti a caso dall’impasto di terracotta. Le vedo ancora le sue macere
di pietra a segnare i confini delle proprietà - fuori del centro
abitato e anche dentro. Appena spaccate, le pietre sono di un bianco
abbagliante, quasi lunare; poi, col tempo e con le intemperie, diventano
grigie - per accompagnarsi meglio alla tristezza del paesaggio
circostante".
(Brano del libro "Le stagioni della lattaia", di Salvatore M.Ruggiero, tratto dalla "Presentazione dell'autore")
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