Una volta i commercianti avevano un'anima. Facevano il loro lavoro con passione, quasi con dedizione. Oggi molti di loro hanno spostato il cuore dalle parti del portafoglio o viceversa.
E fanno solo compassione!
In ricordo di tutti quelli che non esistono più, metto qui un breve estratto dal racconto dedicato alle Sorelle D'Alessandro, bottegaie nella Coreno degli anni '60.
".....Le
sorelle avevano e vendevano tutto. Qualunque articolo i clienti
cercassero, solo lì erano certi di poterlo trovare. Anche se al momento
non l’avevano disponibile, le sorelle si dichiaravano in grado di
poterlo procurare in breve tempo. E per qualunque somma si fosse
disposti a sborsare. Era un vero bazar.
Le sorelle avevano, vendevano, e procacciavano tutto. All’interno del
negozio il caos regnava sovrano. Non si capiva come potessero
destreggiarsi in tale e tanto scompiglio. Infatti, solo loro ci
riuscivano - miracolosamente. Entrando ti trovavi subito davanti un
vecchio, robusto bancone di legno massello, col ripiano lisciato
dall’uso - sempre pieno di merce gettata alla rinfusa. La gente l’aveva
scartava. Quelle vecchine, con la buona intenzione di riporla subito
dopo, l’ammucchiavano da una parte. Lì era destinata a restare per
secoli. Addentrandoti eri costretto ad attraversare una trincea
letteralmente scavata nelle mercanzie più svariate. Sulle mensole di due
monumentali scansie contrapposte ci potevi trovare di tutto: cataste
altissime di scatole di cartone con dentro diosolosàcosa, impilate l’una
sull’altra in precario equilibrio; cassette di compensato maleodoranti,
col fondo rivestito di frutta avariata; scampoli di stoffa a quadretti
bianchi e rossi, buoni per ricavarne tovaglie per tavole da pranzo;
gomitoli gonfi di lana soffice e multicolore, per maglie e calzini;
completi per bimbo, rosa o celesti; corredi bianchi di pizzo o cotone,
per spose promesse; fasci di calze e mutandoni di lana; perfino carrube;
olive spaccate annegate nell’acqua; fichi secchi infilzati da spiedini
di legno; marzoline; lupini; giuggiole appassite; altra frutta in via di
decomposizione; barattoli di vetro con sottolio e sottaceti caserecci;
e quant’altro loro considerassero oggetto di compravendita -
praticamente tutto. Se chiedevi qualcosa, non so come né dove, ma loro
l’avevano. Riposta da qualche parte, conservata in un nascondiglio che
solo loro sapevano - ma l’avevano. Anche se non la vedevi, loro
l’avevano. Quelle vecchiette, pur di servirti a dovere, brigavano,
rovistavano, ispezionavano, spulciavano, cercavano, setacciavano,
perquisivano, frugavano dappertutto. Buttando all’aria qualsiasi oggetto
fosse a portata di mano ma non servisse al momento. Solo ogni tanto
riaffioravano, per dirti d’avere fiducia e pazienza. E per assicurarti.
Erano proprio lì lì per trovarla. Mentre, aggiustandosi il fazzoletto
fuori posto sulla testa, spuntavano curiosamente, gli occhi spiritati,
oltre il ciglio del bancone. Come si sporgerebbero dei folletti, se
esistessero davvero, da un cespuglio nel bosco fatato, se esistesse
davvero. Dopo lunga e laboriosa ricerca ti porgevano, finalmente,
l’affare della vita. Gentilmente. Sudate e ansimanti. Estenuate dallo
sforzo, ma soddisfatte. Insistevano perché prendessi in mano l’oggetto
in questione. Lo saggiassi e ne constatassi la bontà. Se non volevi
toccarlo - magari avevi fretta e credevi alla loro parola - te lo
spingevano fin sotto gli occhi. Chiedendoti, subito dopo, affabili,
quasi sottovoce ma insistenti, se fosse di tuo gradimento. Bello, eh! Ti piace? Bello, eh! Ti piace? Ti piace?
squittivano serpentine. Rivelandosi - per quella volta - insinuanti,
scivolose come un lubrificante per motori. Poi, discrete, restavano in
trepida attesa. Intimamente speravano soltanto che la loro fatica fosse
ripagata dal tuo acquisto."
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