martedì 29 luglio 2014

Salvatore M. Ruggiero intervista ENNIO CAVALLI

Venerdì 1° alle ore 21.30 a

Coreno Ausonio (FR) Villa Comunale - Open space
Salvatore M. Ruggiero intervista ENNIO CAVALLI





domenica 27 luglio 2014

Salvatore M. Ruggiero incontra Chiara Apicella Scrittrice

https://www.facebook.com/media/set/?set=a.306846776150430.1073741828.109587702543006&type=1



In vacanza porta con te un bel libro, Salvatore M. Ruggiero si è fatto in 36 per servirti meglio!

In vacanza porta con te un bel libro, Salvatore M. Ruggiero si è fatto in 36 per servirti meglio!

sabato 26 luglio 2014

Incontri con L'Autore



gran bella manifestazione!

Grazie di cuore a tutti i presenti, numerosi, come al solito e a chi voleva venire ma non ha potuto!

Grazie a Me, a Chiara Apicella, Valeria Parente, Margherita della Libreria Di Margherita, Giuseppe Quirino e Angelo Di Bello!

Grazie a tutti gli amici di Fb che ho visto, Patrizia De Magistris, Eliseo Belmonte, Grazia Parente, Bianca Maria Viccarone, Di Filippo Di Siena, Pietro Di Siena e gli tutti gli altri che non ricordo!

Il 1° agosto replichiamo in piazza con Ennio Cavalli

giovedì 24 luglio 2014

"Chi è il paesologo, e che fa?"



Una domanda che mi viene spesso rivolta quando sono in giro per visitare i paesi è: cos'è un paesologo? E cosa fa? Se dovessi rispondere, fornendo delle definizioni sintetiche ma calzanti, direi che il paesologo è un turista culturale e anche di più, un emulo della letteratura di viaggio ottocentesca, un percorritore del Grand Tour, un autore odeporico. Dove, con questo termine un po' desueto, non si fa altro che significare la descrizione di un viaggio; il resoconto delle notizie relative a un viaggio; la rendicontazione delle esperienze e delle sensazioni fatte e provate durante il viaggio. Se, invece, dovessi rispondere fornendo una definizioni più esaustiva, direi che il paesologo è colui che elabora una fotografia istantanea del paese e racconta come il paese debba o possa evolversi. Il paesologo indica come il paese può salvarsi; suggerisce di emendare ciò che va emendato; di trasformare ciò che va trasformato; di conservare ciò che merita di essere conservato. Il paesologo non è un sognatore: può esserlo ma deve anche avere i piedi ben piantati per terra, nella realtà'. Il paesologo non è un passatista, ma attraverso l'analisi del passato prospetta per il paese e per i paesani un futuro migliore. Il paesologo ha il compito di scuotere i paesani dal sonnambulismo e dall'autismo sociale. Il paesologo è un partigiano della bellezza; combatte contro la bruttezza. In un'epoca, come la nostra, nella quale pare che il brutto, in tutte le sue forme trionfi, il paesologo ha l'obbligo morale di scendere in campo contro la bruttezza, armato della sua energia, del suo senso estetico, per cogliere il bello che non si vede, che è nascosto dall'abitudine e dalla presbiopia dei paesani; e per esaltarlo. Il paesologo è insieme tre persone: un testimone, perché osserva il paese e racconta come conservarne l'essenza vitale; un tribuno, perché con la sua azione difende il paese, i paesani e la conoscenza; un artista, perché deve saper toccare le corde del sentimento di chi lo ascolta. Come scriveva l'enciclopedista Condorcet: "L'uomo può predire con sicurezza completa i fenomeni di cui conosce le leggi; può in base all'esperienza del passato prevedere con grande probabilità, gli avvenimenti dell'avvenire."


venerdì 18 luglio 2014

Dante Cerilli  su 

Il critico letterario Roberto Tortora legge "Le stagioni della lattaia"




"Per il fatto che mi mandi tue cose senza nemmeno due parole di accompagnamento meriteresti la ghigliottina!
Ma il tuo spirito di eterno provocatore trova pace solo quando ti protendi nei tuoi scritti dove si ricompone  - non è che scompaia il "guerriero" che è in te -  la tua razionalità (e la parzialmente canonica dose di ponderazione) e si snoda lungo una prosa colloquiale e "parlata" capace di rievocare stati d'animo, luoghi, persone e storie  con la freschezza di colui che è senza colpa alcuna dei danni del mondo, candido della ingenuità del dire, dato che così è, e così si racconta!
Tortora procede nelle analisi sul tuo lavoro con stile idealistico d'impronta verista, che non esclude quindi la ricerca della connessione tra idealità e realtà, procedimento che trova un equilibrio assai complesso e difficile nella narrativa contemporanea.Lasciamo una traccia che non è disconnessa, ma è integrale del nostro tempo e il futuro saprà capire il nostro ruolo (ma noi non lo sapremo!)."

lunedì 14 luglio 2014

La mia ultima fatica (grata)



Cronache dal Piccolo Borgo della Pietra Millenaria




Le mie storie non sono testi solenni ma sono normalmente brevi, come epigrafi, e in esse tento di mettere nella giusta luce brandelli di vite delle persone che ho conosciuto. Anche questa raccolta di racconti, infatti, è stata resa possibile dalle persone e dalle loro vite (normali, in molti casi; straordinarie, in alcuni); dalle loro esperienze di vita (normali, in molti casi; strane, in alcuni), dagli aneddoti a loro legati, dai racconti: raccolti personalmente da me o riportati da altri testimoni. Dalla quantità di queste informazioni è possibile ricostruire un modo di vivere, anzi, un modo di intendere la vita che, probabilmente, non esiste più; che è scomparso e che non è più possibile riesumare, se non attraverso la narrazione, le parole scritte, in una parola, i racconti.


Monica Cappellini
14 luglio alle ore 12.07
"chissa' quante storie si possono ascoltare avvicinando un orecchio a queste antiche mura; e quante vibrazioni dai lastricati pavimentali - Magia!"

sabato 12 luglio 2014

Antonio, Albero. Come l'ho conosciuto io.



Antonio, detto Albero, é un altro di quelli che ci hanno preceduti in Paradiso.
A me, sinceramente, non interessa se si è buttato o se è caduto accidentalmente in quel maledetto pozzo.
E la cosa non dovrebbe interessare a nessuno di noi.
E' un dettaglio ininfluente, nella vita di un uomo, sapere come è morto.
Sapere come sono morte le persone sono solo curiosità per giornalisti morbosi che conducono trasmissioni coi plastici.
Io Antonio lo conoscevo, questo è quello che conta.
Ci parlavo spesso e, forse, ho capito anche qualcosa di quello che pensava e che voleva e che inseguiva, in questo suo rapido - ma calmo e pacifico - passaggio terreno.
E questo è quello che conta.
Ci avevano avvicinati, innanzitutto, il suo nome, dal suono per me molto famigliare: lo condivideva con mio padre e con mio figlio; la passione per la scrittura e per la poesia; infine, una certa mia curiosità per chi, in questo mondo dominato dalla omologazione, riesce ancora ad essere anticonvenzionale.
Forse, in fondo in fondo, provo gelosia, o addirittura invidia, per questi individui, perché vorrei essere anch'io come loro, ma imprigionato nella mia vita comoda, non ci riesco.
Ovviamente, questo, non lo confesso nemmeno a me stesso.
Una delle ultime volte che ci siamo visti, non molto tempo fa, fu al ritorno da una passeggiata al cimitero coi miei bambini.
Lo incontrai per strada, stava fermo, in fondo a Viale della Libertà.
Quando lo salutai e gli chiesi che cosa ci facesse proprio in quel punto, quasi meravigliato dalla
domanda, con un gesto ampio da seminatore mi mostrò il cielo, e mi rispose che stava
osservando, anzi ammirando la luna ch'era già sorta, grandissima nel cielo azzurro.
E lui era fermo lì, quasi in estasi.
Come se quello spettacolo fosse lo spettacolo più straordinario del mondo.
E a me è rimasto il dubbio che non lo fosse davvero.
Ogni volta che lo incontravo, che vedevo la sua folta e lunga e bianca barba - che con gli anni si era
fatta brizzolata; i suoi occhi neri e furbi; nel suo tipico abito di lino bianco da santone, mi
salutava cordialmente, mi lasciava una delle sue poesie arrotolate nella canna e andava
via, spingendo con energia sui pedali della sua bicicletta cigolante, da figlio dei fiori.
Io ho sempre pensato che, a suo modo, Antonio fosse un privilegiato.
Senza l'assillo delle scadenze bancarie e fiscali, nè i noiosi appuntamenti di lavoro, nè gli orari da rispettare ogni giorno o la pressione della routine quotidiana che stanno ammazzando l'uomo
moderno.
O che, comunque, lo stanno rendendo sempre meno libero.
Lui, come unico, impegno quasi giornaliero, doveva solo raggiungere un angolo della Villa Comunale, una specie di  speaker's corner personale dal quale faceva i suoi comizi d'amore per il mondo e per la gente e per la natura.
O, semplicemente, parlava con chiunque lo avvicinasse.
O, si accomodava per scrivere, per appuntare i suoi pensieri, che poi, a casa, avrebbe
trasformato in poesie.
Oppure si divertiva, semplicemente, a guardare l'umanità ansiosa che lo circondava.
In ogni caso, quello che mi appariva evidente era che fosse soddisfatto, della sua vita e di come si svolgeva; era esattamente quello che voleva accadesse, quello che faceva era quello che lui aveva scelto di fare.
Lui si era pure costruito, quasi da solo, la sua piccola casa nella contrada Cesari, nel giardino della pietra fiorita, come poeticamente aveva battezzato il suo podere.
Quello era il suo regno; lì viveva una parte della sua vita neopauperista, a diretto, anzi, strettissimo contatto con la natura che amava e rispettava.
Tra le aiuole di pietra che ancora circondano i fusti delle querce e degli ulivi secolari.
Tra le felci, i lentischi e le stramme selvatiche.
Tra gli uccelli e gli altri piccoli animali del bosco.
Le forme di vita che amava e rispettava.
Il posto deve è andato e dove si trova ora, il suo paradiso - che potrebbe essere anche il wallhalla o le praterie di manitù, sarebbe lo stesso - è un posto dove, finalmente, potrà attingere l'acqua con le sue grandi mani unite a coppa, direttamente dal ruscello; per berla.
Dove potrà strappare la verdura dalla terra e cogliere i frutti maturi dagli alberi; per cibarsene.
Dove fumerà tabacco che lui stesso avrà coltivato; essiccato e arrotolato con le sue mani.
Perché fumare era un piccolo piacere che non si negava.
Quel gesto che per gli altri era un vizio riprovevole, lui lo faceva apparire un'abitudine quasi salutistica.
Forse perché era l'unico vizio che aveva, oltre al vizio di vivere come gli piaceva.
Perché il suo Paradiso, in fondo, era la Terra, come lui la pensava.
Come lui la voleva.
Come lui l'ha amata.
Ciao Antonio, ciao Albero, eri un personaggio, forse strampalato e pittoresco, ma vero e onesto.
Ci hai solo preceduti.

giovedì 10 luglio 2014

Roberto Tortora


Poco più di un anno fa, il 6 giugno del 2013, nel giorno esatto del mio compleanno, a soli cinquant'anni,
ci ha lasciati un amico.
E con lui se è andata anche una delle intelligenze più vivide della letteratura e della critica italiane contemporanee.
Purtroppo!
Roberto Tortora era, infatti, un eccellente scrittore e un ottimo critico letterario.
Sui passi di una eccellente carriera in entrambe le difficili discipline.
Era stato, nel 2010, non in verdissima età, autore di una splendida raccolta di racconti, la sua prima pubblicazione cartacea in prosa: "Quattro quadri per una spiaggia d'inverno" e di un romanzo, abbastanza ponderoso e ...portentoso, uscito nell'autunno del 2012, solo qualche mese prima della sua morte: "Tutta la luce del giorno".
Libri ambientati entrambi nella sua Hormiae, Formia, la città nella quale era nato e dove abitava con la sua famiglia: una moglie e una figlia.
Il primo libro composto di quattro racconti giocati sul filo dell'autobiografismo e dei ricordi di bambino,
prima, di giovanetto, poi, infine di uomo adulto; il secondo, con note autobiografiche più che evidenti,
ma più complesso e perfetto, la narrazione sostanziale della saga di una famiglia comune, composta da
quattro persone: padre (insegnante), madre (commerciante) e due figli (entrambi studenti) tutti alle
prese, in diverse forme, con la criminalità dilagante in città, coi fantasmi del passato che a volte
ritornano e con i piccoli grandi patemi della vita, quella passata e quella presente. Ma con una varietà di
altri personaggi, tutt'altro che trascurabili, anzi tutti ben tratteggiati nelle molteplici sfaccettature delle
loro complesse personalità.
Alcuni suoi lavori critici erano stati precedentemente pubblicati in varie antologie di critica letteraria, uno fra tanti:  oltre che sul web; Roberto collaborava come redattore, praticamente dalla sua fondazione, con la
rivista di critica letteraria on-line Terpress.
Roberto era stato per due volte graditissimo ospite della mia rubrica estiva "Incontri con l'Autore": la
prima volta, nelle vesti di autore, nell'estate del 2010 quando presentai, con grande successo, la sua
raccolta di racconti, edita da Manni Editore.
In quell'occasione, collaborò alla riuscita della manifestazione il mio amico critico letterario Dante Cerilli, che poi diventò anche suo amico e che non

potè credere che Roberto era così prematuramente scomparso, scoppiò in lacrime quando gli diedi la

ferale notizia per telefono; la seconda volta, nelle vesti di critico letterario, fu l'anno dopo, sempre

d'estate, per la presentazione della mia raccolta di racconti paesologici: "Le stagioni della lattaia - Il

racconto breve della donna che mesceva il latte con altre sette piccole storie", titolo che lui stesso

definì "importante, completo".
E sarebbe sicuramente venuto ancora una volta a Coreno, nelle vesti di romanziere, per la presentazione

del suo romanzo, se la morte non lo avesse raggiunto prima, al culmine di una veloce quanto inesorabile

malattia.
Mi ricordo ancora quando, all'inizio dell'anno scorso, telefonavo ripetutamente a casa sua per invitarlo

a venire a Coreno, senza avere mai alcuna risposta.
Mi decisi allora a sentire l'amico comune Michele Piccolino il quale mi informò che Roberto, non

sarebbe venuto a Coreno, impossibilitato, forse per sempre, perché gravemente ammalato, quasi

terminale: afflitto da una malattia mortale. Solo un miracolo avrebbe potuto ridarlo a una vita normale.

Miracolo che puntualmente non ci fu. E infatti Roberto non è più tornato tra noi.
La sua recensione al mio libro, che gli feci avere nella primitiva edizione di BookSprint Edizioni,

preparata per me da Vito Pacelli, che ancora conservo gelosamente così come mi fu restituita da lui la

sera dell'evento, piena di appunti, glosse a margine e sottolineature autografe, fu lusinghiera, al punto

che decisi subito di sbobinare il filmato integrale realizzato in quella epica serata e di farne un libro.
A distanza di un anno, esattamente il 6 giugno di quest'anno, il libro è stato dato alle stampe.
Ho voluto intitolarlo, senza enfasi ma del tutto semplicemente: "Il critico Roberto Tortora legge Le

stagioni della lattaia".
Ho riportato in quelle pagine la sbobinatura integrale del suo intervento senza mancare una sola parola.

Ho aggiunto solo un mio breve ricordo dell'amico, della persona, del letterato e qualche significativo

tratto della sua biografia artistica, accompagnato dalle copertine dei suoi libri e da qualche fotografia.
Lo dedico a lui con tutto il mio cuore e la mia grande riconoscenza che si deve solo alle persone come

lui fu in vita.

lunedì 7 luglio 2014

Incontri con l'Autore (6° Anno)

Il 25 Luglio alle ore 21,30


Salvatore M. Ruggiero incontra

Chiara Apicella Scrittrice

con interventi di

Margherita Agresti de La Libreria Di Margherita

Gianluca Paolisso (scrittore-attore)

Roberto Costantini (scrittore-attore)

Letture sceniche di Giuseppe Quirino (poeta - attore)

Intermezzi musicali del Maestro di organetto
Angelo Di Bello

(nella Villa Comunale - Open space)







https://www.facebook.com/events/1439083983034055/?ref_dashboard_filter=upcoming

sabato 5 luglio 2014

FIUGGI




Amo osservare la gente che cammina per strada.
La Via Prenestina, a Fiuggi, poco prima del bivio per il Centro Storico, in una bella mattina di fine giugno, sembra fare proprio al caso mio.
La prima panchina libera, al fresco dei grandi tigli, che trovo, mi ci piazzo.
Apro il netbook e osservo.
Non mi pare che ci sia molto traffico, nè di macchine né pedonale, ma sono appena le 11 di mattina e fa caldo, nonostante il venticello piacevolmente fresco che ogni tanto arriva dai vicini monti Ernici e dal Lago di Canterno, dietro l'angolo.
Guardo dall'altra parte del marciapiede e mi colpisce l'insegna di un negozio di articoli da regalo: una specie di bazar, "Tutto per tutti", la stessa insegna che aveva il negozio di mio nonno al paese, negli anni '50.
Subito dopo un negozio di scarpe dal nome fantasioso: "Tacco matto".
Una signora con un paio di scarpe da tennis guarda prima le vetrine esterne, poi entra guardinga.
Forse ha deciso di cambiare vita, o di farla cambiare almeno ai suoi piedi.
Infatti, dopo un po' la vedo uscire soddisfatta con la sua bella busta in mano.
Deve aver trovato quello che cercava.
A destra, la solita tabaccheria-superenalotto.
Subito dopo l'insegna golosa degli amafretti di Fiuggi: "Caponi dal 1909".
Da non confodersi con ...cafoni. Scherzo, ma realizzo anche che il negozio è aperto da più di un secolo.
Di questi tempi ha qualcosa di prodigioso.
Da questa parte della strada il marciapiede è più largo, il lastricato di porfido si confonde con lo spazio antistante i negozi.
Proprio davanti alla Gioielleria Rosito c'è una statua di bronzo che somiglia a quelle di Auguste Rodin.
E' ben fatta, quasi a grandezza naturale: è un bel nudo di fanciulla con le mani dietro la nuca e una ciocca di capelli sul seno sinistro, appena spuntato.
Nel vicoletto affianco un merlo dal becco rosso plana dai grandi alberi intorno, fino a terra e becchetta qualcosa dal pavimento.
Dev'essere abituato alla gente, tuttavia mi consente solo una rapida posa e vola per altri lidi.