giovedì 8 ottobre 2020

Sua maesta' Fammera, la grande montagna incantata.

               Fammera, la grande montagna incantata.


Vecchia montagna incantata, che sovrasta la valle, col petto squarciato. Osservi ferma e impassibile, i nostri peccati di uomini. Mentre lanci il tuo lungo sguardo fino alla frontiera lontana dell’ultima Terra di Lavoro. Fino al Massico, che hai di fronte. Tu non avrai mai stracci da far volare, o da nascondere alla vista. Tu - a noi - nascondi il sole - alla fine di ogni santo giorno - mentre aspetti che la luna esangue si alzi nel cielo. Poi ci nascondi anche quella.Più alta di te, solo la pigra bellezza di un cielo screziato, d’argento e d'arancio.Poi aspetti d’inalare dall'aria l’odore dei mandorli in fiore e l'inebriante profumo dei tigli. In basso - ai tuoi piedi - l'umile, piatta, rumorosa vallata, con tutti i verdi cangianti e i suoi aspri frutti. Tu la domini altezzosa, restando sempre in silenzio. Terra di uomini dannati alla morte, terra ignorante di contadini grulli. Tu continua a distrarci dai dolori del mondo, dall'umana pazzia e dalla maledizione delle pietre urlanti - più nemiche che amiche - degli uomini, sempre in segreto, maligno fermento. Tu continua a guardare, dritto negli occhi, la nostra calca pazza. Incombi sulla valle, che prima era di un fiume, ma oggi è popolata solo di viaggiatori ansiosi, passeggeri di mare, di sabbia e di sale. Indica l’ora - al viandante - col tuo unico neo bianco. Cambia pure i tuoi colori, sotto il sole feroce, come sotto la pioggia battente, ma non mutare mai forma. E non andare mai via dai nostri occhi.


mercoledì 7 ottobre 2020



 57 . Ottobre

    Non tutti riescono a percepire la grande bellezza di ottobre. Chi ci vede già le sedie in circolo davanti al focolare ardente a scaldarsi piedi e mani gelate. Chi ci vede cappotti e lunghi tabarri tristi e grigi, comignoli fumanti e corvi neri affumicati. Chi, al meglio, ci vede la coda dell’estate, una signora accaldata che ha buttato il suo ventaglio. Altri notano il grigio brumoso delle piogge e di certe nuvole pazze o il bianco ghiaccio della nebbia. E’ vero! Si sente spesso negli androni il rumore degli ombrelli che si spiegano. E’ vero! Non tutti sono attrezzati per  apprezzare l’oro bruciato nel giallo della buccia dei cachi maturi, il rosso sanguigno nei melograni che penzolano dai rami, nelle doghe dei tini gonfi e in certi struggenti melanconici fiammeggianti tramonti. E’ vero! Pochi amano il blu immenso della luna piena e di certi cieli tersi e sconfinati, il viola nelle fragili mammole, l’arancio dei corbezzoli gibbosi, il marrone di funghi e di castagne. Allora, almeno tu, se hai tempo, fermati e fatti un regalo, ascolta ottobre quando arriva, siediti su un muro a secco, ai bordi di un boschetto dove le foglie lentamente, quasi per miracolo, cambiano tinta, diventano piccole fiammelle. Proprio dove una forza sovrumana, una specie di pittore, un po’ matto ma fenomenale, mescola sulla sua tavolozza magica i fantasmagorici colori del bagolaro. Prima il bianco, poi il giallo, il verde, l’arancione, il rosso, il marrone, infine il nero. Ottiene così lo spettacolo sensazionale del fogliame, quasi innaturale ma fenomenale.


smr