giovedì 17 agosto 2017

Il mistero dell'antico tempio romano scomparso.

Le tre rare foto in b/n che corredano il pezzo sono state ritrovate nella biblioteca di un appassionato di storia antica e di archeologia locale qualche settimana fa. E sono state scattate presumibilmente nel corso della II Guerra Mondiale da un soldato alleato. Esse raffigurano le rovine scomparse del Tempio della Dea Artemide, situato presumibilmente (e come si può evincere dall'angolazione che consente di vedere sul lato sinistro la mole inconfondibile del Monte Fammera) nei pressi dell'attuale città di Minturno (LT) ma abbastanza distante dall'antica Minturnae e dalla odierna zona archeologica. Si è arrivati con buona approssimazione alla attribuzione divina e alla datazione, risalente intorno al V° secolo a.C., perché le colonne del tempio scomparso ricordano quelle dell’Artemision di Siracusa e prendono a modello le peculiarità architettoniche del famoso tempio di Artemide ad Efeso, in Turchia. Allo stesso modo le basi su cui poggiano le colonne mostrano affinità stilistiche con il tempio di Hera a Samo (Grecia).


Il tempio di Artemide nostrano era di notevoli dimensioni. Secondo le notizie che abbiamo originariamente copriva un area di ca. 1.475 mq essendo lungo 59 m. e largo 25, con sei colonne sulle due parti frontali e 14 (o 16) lungo i fianchi. L’ingresso dell’edificio (il pronao), era rivolto ad Oriente, la parte terminale (l’opistodomo), era orientato verso Occidente. Non è riscontrabile la presenza di un naòs, bensì quella di un sekos aperto, mentre il peristilio era coperto con tegoloni di terracotta, le cui parti terminali erano ornate con eleganti figure policrome.Purtroppo il tempio risulta attualmente (e incomprensibilmente) scomparso. 


Le ultime notizie certe risalgono all'epoca delle foto in nostro possesso. 
Varie e diverse sono le ipotesi fatte intorno alla sua scomparsa: potrebbe essere stato completamente interrato da qualcuno interessato più alla speculazione edilizia che all'archeologia; oppure potrebbe essere stato smontato incassato e spedito via mare a qualche ricco collezionista straniero; oppure ancora potrebbe essere crollato semplicemente e coperto da sterpaglie che ne impediscono la localizzazione. Fatto è che se fosse ritrovato potrebbe costituire per l'intero comprensorio il sito archeologico di maggiore importanza ed interesse. 


Voglio rivolgere un accorato appello a tutti coloro in grado di dare notizie certe che possano aiutare nella localizzazione del tempio. 
Prego pertanto chiunque possa aiutare a contattare la sovrintendenza ai beni culturali archeologici o le autorità locali. 
GRAZIE!

martedì 8 agosto 2017

Disastri minerari: sono tutte tragiche storie di emigrazione.

   Il disastro di Marcinelle avvenne la mattina dell'8 agosto 1956 nella miniera di carbone Bois du Cazier di Marcinelle, in BelgioSi trattò di un incendio causato dalla combustione d'olio ad alta pressione innescata da una scintilla elettrica. L'incendio, sviluppatosi inizialmente nel condotto d'entrata d'aria principale, riempì di fumo tutto l'impianto sotterraneo, provocando la morte di 262 persone delle 275 presenti, in gran parte erano emigranti italiani

   Ma l'incidente è ''SOLO'' il terzo per numero di vittime tra gli italiani all'estero dopo i disastri di Monongah e di Dawson. E, se di Marcinelle si ricorda qualcuno ogni tanto, degli altri due non si ricorda nessuno, mai.

   Allora quello di Monongah lo ricordo io, nel mio libro: "Storie dalla Valle del Liri"



"...Stavolta la storia tragica che arriva dalla Marsica non è di guerre, né di terremoti, ma è una storia tragica di emigrazione. Canistro ha pagato un triste tributo al fenomeno migratorio: erano provenienti dalla cittadina alcuni dei lavoratori rimasti vittime del più grave disastro minerario della storia degli Stati Uniti, avvenuto il 6 dicembre 1907 a Monongah, nella Virginia Occidentale. è il più grave disastro minerario della storia degli Stati Uniti. L'incidente rappresenta anche una delle più gravi sciagure minerarie mondiali: morì circa un terzo dei tremila abitanti di Monongah. Delle 171 vittime "ufficiali" italiane un centinaio erano emigrati da località molisane, una quarantina erano calabresi e una trentina abruzzesi di Canistro e di Civita d‟Antino."