domenica 7 ottobre 2012

Appunti sparsi dopo la visione del film di Bergman Crisi (Kris, 1946).


 KRIS (Crisi, 1946)

Dopo la manciata di fotogrammi finali di "Spasimo" (film nel quale fu, contemporaneamente sceneggiatore e segretario di edizione) girati in sostituzione del regista titolare Alf Sjoberg, impegnato altrove, Ingmar Bergman fa il suo esordio nella regia, all'età di 27 anni, con un lungometraggio tutto suo (compresa la sceneggiatura).
Il soggetto fu, invece, tratto da un dramma di Leck Fischer:  "La bestia madre".
In 14 giorni e 14 notti il giovane Bergman scrive la sceneggiatura commissionatagli dal direttore della Svenk Fimindustri, Anders Dymling.
Più tardi avrebbe confessato candidamente nel suo libro-diario Immagini:
"Se me lo avessero chiesto, avrei sicuramente tratto una sceneggiatura anche dalla guida del telefono."



Sinossi.

La storia è molto semplice e lineare.
Racconta di una giovane diciottenne adottata che ritrova la madre, la segue in città e dopo qualche cocente delusione torna dalla donna che l'ha cresciuta e finisce per sposare l'uomo che l'ha sempre voluta, in silenzio.
Come recita la stessa voce fuori campo "(la storia) ...non la definirei un dramma straziante, piuttosto un dramma quotidiano. Dunque è quasi una commedia".
In un piccolo villaggio costiero, senza ferrovia, senza industrie e senza porto, abitato da una comunità conservatrice e pettegola, la vita scorre tranquilla.
L'unico fatto importante della giornata è l'arrivo puntuale della corriera in piazza.
Con quella un giorno arriva in paese Jenny (interpretatta da Marianne Lofgren), donna mondana, di città, con un portamento che la gente del luogo individua subito come scandaloso.
Jenny è anche la madre naturale della diciottenne Nelly (interpretata da una giovanissima, quasi esordiente Inga Landgrè, uno dei volti femminili dei primissimi film di Bergman) che, fin da bambina, è stata allevata dall'insegnante di pianoforte Ingeborg Johnson (Dagny Lind, attrice imposta alla produzione da Bergman, matura ma senza grande esperienza cinematografica, che creò non pochi problemi alle linearità delle riprese), una donna semplice, sola e ammalata di cancro.
Insegna pianoforte ai bambini e, per arrotondare le scarse entrate, ospita in una stanza della casa un giovane veterinario di nome Ulf, spesso chiamato confidenzialmente Uffe (Allan Bohlin).
Un avvenimento banale, che dalla comunità viene giudicato scandaloso e la contemporanea offerta della madre a trasferirsi con lei in città, inducono Nelly a partire.
Trasferitasi in città, Nelly sembra iniziare una nuova vita.
Una nuova vita che le sembra subito migliore.
Forse è solo più brillante, ma anche meno piena di umanità e buoni sentimenti.
Una delle scene clou del film vede il dialogo serrato tra Jack (interpretato da Stig Olin, padre di Lina Olin, interprete di "Dopo la prova" e anche lui molto presente nei primi film di Bergman) e la signora Ingeborg Johnson.
Si svolge nella sala d'aspetto della stazione, dove la donna è in procinto di prendere il treno che l'accompagnerà in paese dopo una fugace visita a Jenny.
La visita alla figlia adottiva, la paura della solitudine, della malattia e della morte, durante il viaggio notturno in treno, riaprono nella mente della donna nuove ansie e antichi ricordi che sembravano ormai sopiti.
Molto probabilmente la crisi del titolo è quella che colpirà Nelly al culmine della malattia; oppure sono le continue crisi provocate dalla sua perenne mancanza di denaro.
Oppure, ancora, la crisi è quella della finta coscienza lunare di Jack che, in una delle altre scene topiche del film, ammannisce a Kelly il gran segreto di non sopportare più il peso di un presunto omicidio col gas della sua ex fidanzata.
Omicidio che intende confessare e per il quale intende finalmente pagare.
Ma quel racconto potrebbe anche essere una pura invenzione di Jack.
Un escamotage che il giovane usa per far capitolare le donne che insidia.
Il dubbio viene insinuato da Jenny nella mente di Nelly che è stata appena sedotta dall'uomo.
Smascherato da Jenny Jack dichiara di volersi allontanare dalle due donne e di abbandonare la loro casa.
Vuole farla finita, nessuna delle due donne le crede.
Ma lui, quasi impazzito, esce in strada e si spara sotto l'insegna luminosa del Salone di bellezza.
Nelly, smarrita e piena di dolore, decide di tornare in paese, a casa da Ingeborg, la madre adottiva.
Li incontra Ulf che finalmente le si dichiara.
L'inaspettato ritorno in casa di Nelly ridà ad Ingeborg una relativa tranquillità e anche la forza di affrontare la malattia e la sicura morte.
Alla luce di quanto si vede nel film mi pare di poter dire che il significato che Bergman attribuisce alla parola crisi, quindi al titolo, va nella direzione che essa aveva nella cultura greca classica, cioè: scelta, decisione, cambiamento (verbo krino).
Il film fu un clamoroso fiasco.
Lo stesso Bergman lo ammise anni dopo nel suo libro-diario "Immagini".
Sebbene lo considerasse un film tutt'altro che brutto.
Il film ebbe comunque il merito di far conoscere come regista un giovane Bergman e di attirare su di lui gli occhi dei produttori, che videro in lui il germe di un regista se non talentuoso, almeno scrupoloso professionista.
Alcuni giorni dopo la prima, squillò il telefono di Bergman. Era Lorens: "Caro Ingmar è un film orrendo - disse - quanto di peggio si possa vedere! Ora faranno la fila per farti proposte."
E così fu. La carriera di Ingmar Bergman come cineasta era iniziata.

Certamente "Crisi" è un film fatto di volti e di espressioni.
Il volto malato e l'espressione compassionevole di Ingeborg; il volto ingenuo e l'espressione dolce di Nelly; il volto finto e l'espressione astuta di Jenny; il volto lunare e l'espressione vissuta di Jack; il volto serio perennemente accompagnato dall'espressione matura di Ulf.

Magnifico esordio nel lungometraggio di Ingmar Bergman.
Nel quale conta molto la sua pregressa esperienza negli allestimenti teatrali.
Da regista cinematografico egli trova un nuovo modo di montare le scene e di rappresentare la finzione con un costante, certosino e pratico lavoro tra "campo" e "fuori campo".
Molte riprese sono piatte sugli attori, c'è qualche dolly, panoramiche, qualche campo lungo e naturalmente molti primi piani.
"Crisi" è un film sulla difficoltà dei rapporti "malati" tra le persone; sulla compenetrazione tra finzione e realtà (tema assai caro a Bergman); sulla verità e sulla menzogna (che si raccontino a se stessi e/o agli altri); sull'ingenuità e sull'arte del raggiro (nella quale è maestro l'infido Jack).
Appartiene, ovviamente, al primo ciclo del cinema di Bergman, nel quale il regista punta il suo occhio da una parte sui sentimenti intimi delle persone, dall'altra sui problemi e sui guasti socio-economici di un paese appena uscito dalla seconda Guerra Mondiale e semi-isolato dal resto d'europa e ancora profondamente permeato da un fervido protestantesimo. 

Due curiosità:
1) il vero "deus ex machina", dietro le quinte del film, è l'anziano regista Viktor Sjostrom, il Maestro che rivestiva ufficialmente anche il ruolo di consulente di studio nella città del cinema e che, di tanto in tanto, appariva sul set, col suo prodigo carico di consigli per il giovane promettente allievo Bergman.
2) durante la lavorazione del film Bergman si trovò in mezzo alla guerra tra la Svensk Filmindustri di Anders Dymnling e la Città del Cinema di Rasunda di Harald Molander. Quando si trattò di costruire il set della strada nella quale si uccide Jack sotto l'insegna illuminata del salone di bellezza le spese furono talmente gonfiate da causare alla Svensk quasi il disastro economico: si voleva causare, con questo stratagemma ed il conseguente "flop" del film di Bergman, un indebolimento "politico" della leadership di Dymnling all'interno della Svensk Filmindustri.

smr

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