martedì 21 gennaio 2014

il mio paese

 
Io penso che alla sua nascita - mille anni fa - il mio paese fosse molto diverso da com’è adesso. Anzi, sicuramente era diverso. Sicuramente era migliore. E, a suo modo, doveva pure essere bello. 
Posso immaginare com’era - senza sforzo. 
Se chiudo gli occhi le vedo ancora le sue case basse: paiono reggersi lungo il pendio scosceso, puntellate nella terra e nei sassi. Sembrano gatti che si reggono sul sofà con gli artigli ficcati nello schienale. 
Sono addossate, appiccicate una sull’altra, a modellare i minuscoli, caratteristici borghi, stipati di portici archi e loggiati, che conservano ancora il nome degli edificatori primordiali. Tutte di pietra viva e malta impastata a colpi di badile; tutte coi serramenti di quercia laccati al naturale. 
Li vedo ancora i suoi tetti coperti di coppi fatti a mano: tutti uguali nella forma, tutti diversi nei colori, estratti a caso dall’impasto di terracotta. 
Le vedo ancora le sue macere di pietra a segnare i confini delle proprietà - fuori del centro abitato e anche dentro. 
Appena spaccate, le pietre sono di un bianco abbagliante, quasi lunare; poi, col tempo, diventano grigie - per accompagnarsi meglio alla tristezza del paesaggio circostante. 

 

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