domenica 26 gennaio 2014

P0NTE MELFA, tra antico e moderno, tra sacro e profano



Stamattina (22 Gennaio 2014)
sono in Val di Comino, una delle valli paesaggisticamente più belle della Ciociaria Felix. 
Ed anche una di quelle più ricche di storia e di cultura.
La valle è immensa, piena d'erba, alberi e piante, davvero rigogliosa. 
Sembra un catino verde. 
Contornata da una corona di alte montagne. 
D'inverno, fino a primavera inoltrata, sono piene di neve. 
Come oggi.
La vallata è attraversata dal fiume Melfa e disseminata di abitazioni di nuova costruzione e di antichi paesini, almeno una dozzina, che sembrano sparsi a terra casualmente come i grani di un rosario rotto. 
Atina, Alvito, Casalattico, Gallinaro, San Donato Val di Comino, Settefrati, Picinisco; San Biagio Saracinisco, Casalvieri, Vicalvi, Posta Fibreno, Ponte Melfa.

Ponte Melfa è la mia meta, ci arrivo n una mattinata uggiosa, c'è molta umidità ma per fortuna non c'è nebbia sulla 630, a tratti un timido sole fa capolino tra le nuvole spesse.
Fa molto freddo, ma tutto sommato è sopportabile, specie se ti muovi a piedi ed io, che non ho molto tempo, devo muovermi a piedi e velocemente per vedere il più possibile.



Parcheggio la macchina proprio a metà del decumano principale del paese, non si paga, la prima buona notizia, si può sostare un ora, per me sarà più che sufficiente.



Percorro a ritroso la strada che ho appena fatto in macchina, mi dirigo verso la rotonda coi capitelli romani dalla quale provengo, un km o poco più.
 



Passo sul ponte sul fiume che da il nome alla nuova cittadina, proprio al centro del greto, vicino a una piccola cateratta, scorgo - è appena visibile - uno splendido esemplare di germano reale, che da come strilla pare molto nervoso.



Vado a fotografare quello che resta di un'antica tomba romana, la cittadina è di nuova costruzione ma sorge su un territorio che molti dicono urbanizzato molto prima della stessa nascita di Roma.

La grande quantità di mura ciclopiche, di vestigia antiche e di tombe pre-romane (ne sono state scoperte e censite 22) pare confermare questa impenativa tesi.



La leggenda narra che Atina sia una delle 5 città (penta-poli) della Ciciaria (con Anagni, Arce, Arpino ed Alatri)  fondate da saturno, in fuga dall'Olimpo, con l'aiuto di Giano, che prima lo nascose all'ira di Giove, poi lo ospitò definitivamente nel Lazio.

Quello che ho davanti è ciò che resta di un monumento funerario a torre, di cui rimane un nucleo laterale (di quattro originari) fatto a sacco con pietre e malta. 
Nelle fondamenta della tomba (meglio, di quello che rimane) pare siano ancora conservati i resti mortali di una antichissima principessa aurunca.

Una signora che abita in fondo al vicolo si ferma spontaneamente a parlare con me mentre scatto qualche foto e mi spiega che il tempio originariamente era monumentale, formato da quattro enormi plindi con quattro torri collegate, uguali a quella che resta in piedi, ricoperti da lastre di travertino di Tivoli grezzo, e mi fa pure notare l'asta di ferro arruginito con le coppiglie di vetro verde per i fili dela prima rete di elettricità pubblica che sbuca da un lato sulla sua sommità.
L'incuria e la distruzione delle vetigia antiche e del nostro sterminato patrimonio artistico e archeologico non è cosa di oggi.





Un signore un pò malmesso, in eskimo e camicia scozzese, con un bastone da passeggio in mano - lo brandisce come una clava - mi si avvicina minaccioso e sospettoso, si è autoproclamato custode del sito e quando vede qualcuno che si avvicina troppo, lui lo caccia facendo il mastino, dice che più di uno, in passato, ha portato via pietre e reperti dal muro per ricordo.

Prima di andare via e di rincasare anche la donna aggiunge un ultimo aneddoto, con una punta d'orgoglio, dice che durante l'ultima scossa di terremoto (quì sono molto frequenti) la colonna ha oscillato pericolosamente per qualche lungo secondo e, alla fine, si è assestata nella posizione originaria, quasi miracolosamente, senza perdere un solo pezzo.
Del resto siamo a due passi dal bambinello e dalla madonna (di Canneto) e quì sono tutti devoti








All'altro lato della piazza il più bieco degli stereotipi ciociari, la fontanella di marmo sovrastata dalla cannata, anch'essa di marmo.





E per non farci mancare proprio niente - siamo o non siamo in provincia di Frosinone - il manifesto di un evento considerevolmente importante, la marchetta dell'attore di fiction tv Rai Gabriel Garko in una delle tante discoteche della zona.





L'edificio che ospita l'ufficio postale è la cosa più brutta di Ponte Melfa.






Nell'unica piazza del centro, poco lontano da dove ho lasciato la mia macchina, al crocevia per la Madonna di Canneto e per la strada che porta al Bambino Gesù di Gallinaro, c'è l'immancabile agenzia della Banca Popolare del Cassinate (in tutto il cassinate ce n'è una in ogni paese) la banca della famiglia Formisano, pubblicizzata enfaticamente come la banca che fa anche cultura,
cercano di dimostrarlo con un colorato calendario di 4 eventi che sta attaccato sul muro a lato dell'ingresso, a futura memoria. 
















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