martedì 8 maggio 2012

Appunti sparsi dopo la visione del film LA VERGOGNA .

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La guerra vista da Ingmar Bergman.

“Quando rivedo “La vergogna”, trovo che è spezzato in due parti. La prima metà, dedicata alla guerra, è brutta. L'altra, sugli effetti della guerra, è bella. La prima metà è assai peggiore di quanto immaginassi, ma l'altra è migliore rispetto a come la ricordavo.”
E, in effetti ...”la parte migliore del film inizia quando la guerra finisce ed iniziano i dolori.”
(I.Bergman, dal suo libro-diario: “Immagini”)

SINOSSI

Eva e Jan Rosenberg (interpretati da una sensazionale Liv Ullmann e da un Max von Sidow in stato di grazia), sono una coppia di artisti, musicisti, per l'esattezza.
Suonano entrambi il violino.
Non hanno figli.
Ma sognano di averne in futuro (specie lei).
Anzi, progettanno di avere un figlio, senza sapere, naturalmente, che da lì a poco la guerra arriverà anche sul loro eremo.
Si sono da tempo ritirati su un'isola deserta, dove sopravvivono coltivando verdure e ortaggi.
Senza lussi né confort ma, almeno, in piena tranquillità.
Nel mondo infuria la guerra.
Eva e Jan si troveranno presto alle prese, prima con il manifestarsi del conflitto sotto i loro occhi - morte, distruzione, assenza di senso - poi con le sue spiacevoli conseguenze.
La coppia sarà costretta ad attraversare esperienze terribili e umilianti ad opera, ora dell'uno ora dell'altro esercito.
Infatti poco dopo la loro vita verrà sconvolta dagli eventi bellici.
Il corpo di un paracadutista – già morto – atterra improvvisamente sull'isola, dove arriveranno altri militari che, sospettando i due di essere gli uccisori del loro sodale, li arrestano con l'accusa di collaborazionismo.
Il colonnello Jacobi, vecchio spasimante di Eva, aiuta la coppia in carcere e contemporaneamente insidia la donna, che alla fine cede al serrato corteggiamento del soldato.
Le affida perfino una somma di denaro in custodia.
Jan scopre casualmente i soldi che Jacobi (interpretato da Gunnar Bjornstrand) aveva affidato ad Eva; li sottrae; uccide a sangue freddo il rivale in amore e anche un altro soldato, capitato casualmente sull'isola.
Non ritenendosi più al sicuro, i due decidono di fuggire per mare.
Con i soldi sottratti al colonnello ucciso comprano un passaggio su un barcone in partenza, non si sa per dove.In mare aperto, il natante va alla deriva, in un mare pieno di cadaveri galleggianti.
Nella scena finale i cadeveri scompaiono ed Eva ricorda di aver sognato di avere una figlia.

RECENSIONE

“La vergogna” (Skammen) non è un film di guerra (ovviamente), ma un film sulla guerra; anzi, sugli effetti della guerra sull'uomo e sui rapporti dell'uomo coi suoi simili.
Ed infatti, all'inizio, doveva chiamarsi, semplicemente, “La guerra”.
Ed è anche la risposta indiretta del Maestro al dibattito socio-politico sulla guerra (anche quella all'epoca più attuale: la guerra del Vietnam).
Ed è anche la scelta ufficiale di campo del regista: egli condanna definitivamente la guerra, sposa (ovviamente e definitivamente) un atteggiamento, completamente ed indiscutibilmente, pacifista.
Messo tra l'altro in discussione da un'accusa inaudita, alquanto generica e frettolosa, proveniente da una parte della stampa, di qualunquismo.
Il regista se ne sarebbe reso reo per alcune dichiarazioni espresse proprio nei confronti della guerra del Vietnam.
A tali critiche il Maestro rispose, semplicemente ma fermamente, dicendo di non essere interessato a sapere di chi fosse la responsabilità della guerra in Vietnam, nè di tutti gli altri innumerevoli focolai bellici sparsi per il mondo.
In effetti far uscire un film sulla guerra in pieno 1968 era impresa che poteva passare per la mente, e riuscire, solo all'individualista, solipsista Bergman.
Nonostante le polemiche il suo film e il suo messaggio sono molto più eloquenti e chiari oggi di quanto non debbano essere apparsi alla fine degli anni '60.
In più egli tenne sempre a precisare che si dichiarava, non solo contro la guerra, ma anche contro ogni forma di violenza e di sopraffazione dell'uomo sull'uomo.
E, in effetti, il caso de “La vergogna” non costituisce nemmeno la prima volta che Bergman prende, nei suoi film, posizione nei confronti della guerra.
Il tema della guerra, che era già stato solo accennato dal regista, in altri film precedenti, quì diventa centrale: rappresentato come la violenza contagiosa della Storia, démone senza volto né nome, che scatena la perfidia e la violenza latenti in ogni uomo.
A guardare bene, infatti, la polemica antibellica era già presente in molte sue opere precedenti:
- ne “Il settimo sigillo”, fa sbeffeggiare la guerra (nel caso specifico le Crociate) da Jons il sagace e facondo scudiero; ed anche il Cavaliere Antonius Block mostra di non esserne tanto entusiata;
- in “Persona” (benchè solamente nel Prologo) mostra le immagini dei bonzi che si danno fuoco per protesta contro l'invasione militare del loro paese;
- in “Luci d'inverno” la sua idea anti-bellica era presente come catastrofe annunciata nell'ossessione del contadino, prima impazzito, alfine suicida, per il rischio, giudicato incombente, della bomba atomica cinese;
- ne “Il silenzio” mostrava, quasi come monito di un mondo inquieto e nervoso, carovane di carri armati che percorrono la misteriosa e incomprensibile città di Timoka.

“La vergogna” è anche un film sull'atteggiamento dell'arte, anzi degli artisti, nei confronti della guerra.
L'arte, in questo caso la musica, viene vista come strumento per innalzarsi e per raggiungere il livello più alto, quello delle vette eccelse concesse solo al creatore.

Ma “La vergogna” è anche un film (indirettamente) sulla religione e su Dio (sebbene non si parli mai apertamente di Dio; ma si parli apertamente dell'uomo e delle sue paure e dei suoi problemi e dei suoi sogni).
Anzi, se ci si passa il paradosso, si può dire che è un film del silenzio dell'uomo sulla religione e su Dio, come risposta al silenzio della religione e di Dio sull'uomo.

CONCLUSIONE

“Questo film - dice lo stesso Bergman - tratta di persone che non hanno nessuna fede, nessuna convinzione politica e che non possono proporre niente. Sono degli ingenui. Non cercano di capire qualcosa né di prendere posizione."Semplice in modo quasi disarmante ma magistrale e perfetta ricostruzione di un guerra "normale", che alla fine fa almeno impostare ai sopravvissuti un piccolo passo verso il loro futuro e il futuro del mondo. Il film mostra tutta la "inevitabilità" di un sogno comune.E, ancora una volta, come aveva già fatto in altri film precedenti, Bergman ricorre all'escamotage del sogno, per descrivere lo stato d'animo della protagonista e mandare in circolo un grande messaggio di vita e di speranza:"Ho fatto un sogno. Percorrevo una bellissima strada, da un lato c'erano delle case tutte bianche con arcate, colonne, portici, mentre dall'altro lato c'era un vastissimo parco e sotto gli alberi, lungo tutta la strada, scorreva dell'acqua verde cupo. Sono arrivata a un alto muro: era completamente ricoperto di rose. Poi all'improvviso un aeroplano ha incendiato le rose. Io non avevo alcuna paura. Era tutto così splendido. Stavo lì a guardare nell'acqua e vi vedevo quelle rose bruciare. Io avevo una bambina in braccio, era nostra figlia. Si stringeva contro di me e sentivo che la sua bocca mi sfiorava la guancia e per tutto il tempo sapevo che dovevo ricordare qualcosa che qualcuno aveva detto e che io avevo dimenticato."

Liv Ullmann è superba nell'impegnativo ruolo centrale - che richiese un completo coinvolgimento emotivo, sia col marito (Max von Sydow) che col suo amante (Gunnar Björnstrand).
Max von Sidow, è credibile e addirittura detestabile, sia nel ruolo di assassino di uomini che di potenziale ...assassino di polli. E anche quando sviene, quasi pavidamente.

Il film fornisce anche un grande apologo sulla pericolosità delle armi e sulla loro capacità di trasformare in killer a sangue freddo anche una persona che potenzialmente non sarebbe capace di uccidere con le sue stesse mani nemmeno un mite ed indifeso animale da cortile.
Da antologia la scena nella quale von Sidow non riuscendo ad ammazzare una gallina tenta addirittura di sparare al volatile pennuto.

Uno dei più grandi film di Bergman.
Ma anche uno dei meno conosciuti e meno reputati.Infine, sul significato recondito del film, l'interpretazione autentica, stringata, asciutta ma eloquente, fornita dallo stesso Bergman, qualche anno dopo la sua uscita nelle sale cinematografiche.
Contenente, fra l'altro, anche un chiaro riferimento “politico” alla Primavera di Praga.

"Il film non è sulla enorme brutalità della guerra, ma solo sulla sua meschinità. E 'esattamente come quello che è successo per i Cechi. Hanno difeso i loro diritti, e ora, lentamente, essi vengono sottoposti a una tattica di abbrutimento che li logora. "La vergogna" non riguarda le bombe. Si tratta di una progressiva infiltrazione di paura ... Ma "La vergogna" non è abbastanza preciso. La mia idea originale era quella di mostrare solo un giorno prima cha la guerra scoppiasse. Ma poi ho scritto altre cose e tutto è andato storto, non so perché. Non ho visto di recente "La vergogna", ed ho un po di paura a farlo. Quando si fa un quadro del genere, devi essere, necessariamente, molto duro con te stesso. E' una questione morale."

http://www.lulu.com/spotlight/salvatoredotruggiero57atgmaildotcom

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