venerdì 25 dicembre 2015

Pranzo di Natale al ristorante Le Cannardizie. Una piacevole novità.

Pranzo di Natale a Le Cannardizie. Una piacevole novità.

Quest'anno io e mia moglie abbiamo deciso di consumare il tradizionale pranzo di Natale fuori casa, al ristorante. La scelta non poteva che cadere sul più rinomato ristorante di Atina: Le Cannardizie, dell'amica Patrizia Patina e dell'altro socio patron, lo chef Bastianelli. Dovevo colmare una grave lacuna eno-gastronomica che si protraeva da troppo tempo. Lo avevo promesso a me stesso, da tempo. Il nome, poi, è tutto un programma. Anche nel mio dialetto significa "cannarutizie", che in italiano significa ghiottonerie.



Attraversando la fitta coltre di nebbia che copre la Valle del Basso Liri, anche a mezzogiorno, e dalla quale non mi lascio intimidire, raggiungo Atina. E vengo premiato dalla vista del centro storico e da una meravigliosa mattinata di sole.



Una rapida sosta per ammirare la splendida piazza Garibaldi, assolata e luminosa, e ci infiliamo svelti nella Stretta della Posterula che conduce all'ingresso del ristorante.


I titolari hanno scelto una sede molto prestigiosa: la Cantina Visocchi, un vero e proprio museo contenente attrezzi enologici  d'epoca ottocentesca. La Cantina fu fondata e gestita da Pasquale Visocchi, un geniale agronomo al quale si deve la introduzione dei vitigni francesi in Val di Comino, dove sono ancora alla base del celeberrimo Cabernet di Atina, Doc dal 1999. 
All'interno, ad attenderci, troviamo in bella vista tutti i prodotti di CiociariaExpò, il sito on-line tramite il quale è possibile acquistare i prodotti tipici della provincia di Frosinone, un servizio ideato e creato da Patrizia appositamente per tutti coloro che volessero gustare o regalare le golosità ciociare. Ci accoglie caldamente una ragazza spigliata alla quale chiedo della mia amica Patrizia e che mi risponde sorridendo: "io sono la figlia, qualora non si notasse." Allude, ovviamente, ad una spiccata somiglianza che di primo acchito mi era sfuggita. E' evidente che le mie qualità di fisionomista, con la vecchiaia incipiente, cominciano a fare cilecca. Patrizia ci raggiunge subito e ci saluta calorosamente. Come sempre. Ci accompagna al tavolo. Un tavolo da otto per quattro persone. Noto subito che lo spazio occupato dai tavoli è minimo e c'è ampio spazio fra una tavolata e l'altra. Patrizia mi spiega che la sua intenzione non era di gestire una mensa aziendale ma un ristorante dove i clienti venissero accuditi e coccolati e avessero anche il loro spazio "abitabile". Un locale dove i clienti fossero pienamente soddisfatti e non rimpinzati come oche da foi gras. E subito capisco pure che pranzare nel caldo e accogliente locale sarà, praticamente, come pranzare a casa mia.
Ci accomodiamo e stabiliamo il menù con Patrizia, scegliendo di assaggiare praticamente tutte le portate. Cominciamo con un antipastino di pizze fritte, asciutte e ancora calde, e una scelta di tre formaggi locali: pecorino, ricottina e scamorzina. Il palato comincia a sciogliersi e a produrre saliva. Giustamente!
Proseguiamo con un bel piatto colorato di un verde intenso, verde come i prati della Val di Comino: tagliolini alla cicorietta fresca di campo adagiati su un letto di spuma di pecorino di Picinisco, a due passi; un abbondante piatto di gnocchi di patate con funghi porcini e una robusta porzione di lasagne alla ciociara.
Approfittando della presenza a tavola dei bambini, che non sono due gourmand, assaggio tutto.
Il bello è che, alla fine, se fossi costretto, non saprei quale piatto scegliere. Essendo i tre piatti tutti ottimi e di mio pieno gradimento.
Intanto degusto con grande piacere una coppa di vino bianco locale.
Alle Cannardizie, i titolari, entrambi esperti sommeliers, hanno scelto di trattare e di servire solo vini laziali, anche al bicchiere, che si accompagnano egregiamente ai piatti confezionati, tutti ancorati saldamente alla tradizione gastronomica del territorio della Bassa Ciociaria o Alta Terra di Lavoro.
Nel caso specifico, Patrizia mi consiglia un bel brand di chardonnay e sauvignon blac, il Bianco La Creta delle Cantine Iucci di Sant'Elia, a un tiro di schioppo da Atina. Un vino fruttato, con un gran bel bouquet, fresco, fragrante, con una buona persistenza. Un gran vino locale da 13,5°.
Capisco e approvo appieno la scelta dei patron.
I secondi sono sontuosi. Vitello arrosto al vino bianco, capretto arrosto con patate e steccata di Morolo alla piastra con tartufo nero. Anche questi piatti li ho assaggiati tutti e anche tra questi, se fossi costretto, non saprei quale scegliere: ben preparati, cucinati, contornati e ... ben innaffiati.
Potendo ordinare il vino al bicchiere ho scelto di abbinare al mio secondo un Cabernet di Atina Doc di Palombo. Anche questo un gran bel vino: caldo, rotondo, con profumi e sentori di frutti selvatici a bacca rossa, molto grasso e persistente.
Di contorno scegliamo una delicata insalata di misticanza, ben condita solo con sale e olio evo locale e delle patate di Avezzano arrosto saporite e cotte alla perfezione. Mi accorgo solo a questo punto di non aver toccato il pane; non ne ho avuto alcun bisogno.
Al dolce, infatti, arriviamo tutti satolli, ma nessuno può, né vuole, fare a meno di assaggiare i biscottini al vino, i tozzetti alla nocciola, croccanti al punto giusto e i biscotti di pan di zenzero alla cannella. Spazzoliamo alla perfezione il vassoietto che ci viene portato in tavola.
Fosse dipeso solo da me, mi sarei volentieri trattenuto ancora un po nell'ambiente caldo e accogliente della cantina, ma i bambini scalpitano, sono insofferenti, e dobbiamo andare. Ma lo faccio solo dopo il caffé.
Si conclude così, piacevolmente, una bella, intensa esperienza eno-gastronomica; una passeggiata nelle bontà di una terra antica, che ricca e abbondante come una cornucopia, non finisce e, grazie a Dio, non finirà mai di sfornare.
E da ripetere anche nelle altre stagioni dell'anno.
Pago il conto, anche questa è una gradita sorpresa natalizia. E' irrisorio per la qualità delle materie prime e per la bontà dei piatti, tutti abbondanti e eccellenti.
Prima di andare via faccio una rapida visita al meraviglioso terrazzo del ristorante, dal quale si gode una vista mozzafiato su tutta la Valle di Comino. E' doverosa e devo pure scattare qualche foto che sicuramente finirà nel mio prossimo libro, probabilmente una di esse andrà a nobilitare la copertina.
Vado a salutare Patrizia e tutto lo staff.


Quattro chiacchiere con la mia cara e coraggiosa amica Patrizia sono sempre poche.
Parliamo di alcuni impegni personali, di alcuni progetti paesologici comuni e ci promettiamo di rivederci presto. Qualcosa mi dice che anche stavolta la promessa sarà onorata.
Ma non potrei andarmene da Atina senza chiederle una confezione di Fagioli Cannellini di Atina Dop che prego di inserire nel conto, ma che lei, fermissima, mi offre in gentilissimo e inaspettato omaggio (inaspettato per me, non per il bel personaggio che è lei) e che io, pur recalcitrante, accetto, insieme a un bel bacio e a un caldo abbraccio. In quei gesti non leggo la cerimonia, nè l'ipocrisia che oggi va tanto di moda: in essi è racchiusa tutta l'umanità e l'ospitalità che gli abitanti di queste terre sanno offrire ai loro ospiti, viandanti come me.


Una sosta di pura devozione è doverosa davanti alla meravigliosa e antichissima Posterula romana, salvata miracolosamente da un improvvido quanto frettoloso tentativo di abbattimento, di cui porta ancora i segni. Resta la testimonianza imperitura che, con tutta probabilità, hanno ragione gli abitanti di questi posti: la Atina Potens (di virgiliana memoria) è sorta prima della eterna Roma Caput Mundi.

rgiliana

Vado via da Atina e dalla Valle di Comino accompagnato dalla mestizia che mi coglie ogni volta che ci metto piede. Fortuna che è sempre stemperata dalla certezza che ci tornerò molto presto.  

smr

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